Italian Perspectives                                    
by Sandra Giovanna Giacomazzi 

Elezioni USA:  Il terzo dibattito  (Ragion Politica, 26 ottobre 2004) 

Il terzo e ultimo dibattito non ci ha regalato sorprese, né in termini di contenuti, né nel metodo di affrontarli, né per quanto riguarda la performance dei due candidati. 

I due candidati non hanno detto niente di nuovo sulla guerra in Iraq, quella in Afghanistan, il deficit finanziario, la sanità, l’occupazione. Kerry, come al solito, agiva all’offensiva, andando avanti come un bulldozer, demolitore dell’intero operato dell’amministrazione Bush, a volte con discorsi coerenti a volte contraddittori; importante era la sua padronanza della parola se non del pensiero. 

Bush, per carità, se l’è cavata un po’ meglio delle altre volte, ma a sentire le raffiche di critiche che uscivano dalla bocca del suo avversario, il suo sconforto era palpabile e i suoi discorsi quasi sempre sulla difensiva.  Anche la volta che ha cercato di attaccare la strategia di Kerry del “tassare e spendere” con una battuta, “C’è un fiume principale che percorre la politica americana e lui sta seduto sulla riva sinistra”; la controbattuta di Kerry ha avuto la meglio.  “Sentire la predica del Presidente sulla responsabilità fiscale è come se Tony Soprano mi parlasse di legge e ordine”. 

L’unico momento leggero fu alla fine quando il moderatore invitò i due candidati a parlare delle donne delle loro vite.  Bush raccontò che quando chiese la mano a Laura, lei accettò ad una condizione: che non avrebbe mai dovuto fare un discorso in pubblico.  In seguito il Presidente ha spiegato: “Poi mi perdonò per non aver mantenuto la promessa e come tutti sappiamo in quel settore se la cava molto meglio di me!”  Il pubblico non ha saputo resistere e ha fatto uno strappo alle rigidissime regole di silenzio con una calorosissima risata. 

Kerry invece ha fatto notare che tutti e due erano fortunati perché avevano “married up”, letteralmente sposati in sù, ossia sposati con qualcuno al di sopra di loro, di solito dal punto di vista economico.  Poi ha aggiunto: “Qualcuno direbbe che io l’ho fatto un po’ più degli altri” riferendosi alla sterminata fortuna economica di sua moglie Teresa, vedova di Heinz.  Anche qui il pubblico ha disobbedito agli ordini, ma la risata era più maliziosa e insinuante. 

Quel che è sicuro è che né Bush né Kerry si qualificherebbero per un posto come commissario europeo.  Tutti e due i candidati hanno parlato della loro fede religiosa.  Il “rinato cristiano” Bush ha ammesso che trova sostegno nella preghiera e nella religione, e il cattolico Kerry ha riconosciuto che è la fede che guida la sua vita pubblica.  Nessuno dei due passerebbe il test di giudizio del Parlamento Europeo. 

Una cosa, però, lascia perplessi.  Una delle tante cose che sono state ripetute e straripetute da Kerry in ogni dibattito e in ogni discorso fatti sui circuiti elettorali riguarda come lui affronterebbe il problema del terrorismo.  Le parole che ripete ogni volta sono: “I’ll hunt them down and we’ll kill them”. “Darò loro la caccia e li ammazzeremo”.  Quello che mi chiedo è: come mai la nostra sinistra politically correct è così ben disposta verso un candidato che parla di passare dalla cattura alla mattanza senza passare per una corte di giustizia, ma neanche per una Guantanamo?


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