Salone del libro sequestrato dalla sinistra
(Ragion Politica, 14 maggio 2004)
Che il Salone del Libro di Torino fosse un’occasione di faziosità
autocelebrativa della sinistra non è certo una novità.
Basta guardare qualche titolo delle conferenze: “Berlusconate, qui finisce
l’avventura”, “Antifascismo, una memoria resistente”, “Senza Regole: Gli
imperi televisi all’assalto dell’Europa”, “La giustizia? Ma non mi faccia
ridere…” Mistero americano: Ipotesi sul’11 settembre” “Si può accettare
moralmente il capitalismo” o i nomi dei conferenzieri: Marco Travaglio,
Giulietto Chiesa, Gian Carlo Caselli, Lilli Gruber, Gianni Vattimo, Armando
Cossuta, Enrico Deaglio, Michele Santoro, per rendersi conto della sempre
più crescente preponderanza di tale tendenza.
Ma pensare che arrivassero a sabotare spudoratamente una conferenza
solo perché diametralmente apposta al pensiero unico era troppo per
una che ha sempre diffidata delle teorie complottistiche. Invece l’evidenza
indicherebbe che sia successo proprio così.
Il corpo del reato riguarda la programmazione in concomitanza
di coloro che considero le due conferenze più interessanti del Salone:
quella sull’ultimo libro di Oriana Fallaci, “La forza della ragione” e quella
sul libro di André Glucksmann, “Occidente contro Occidente”.
Sono propensa a pensare alla seconda supposizione. Innanzi tutto già
uno sguardo al programma prometteva male. Alla conferenza sul libro
di Glucksmann hanno pubblicato una lista di relatori che non finiva più:
Enzo Bettiza, Sergio Chiamparino, Franco Debenedetti, Jas Gawronski, Gianni
Vattimo e come coordinatore Marcello Sorgi. Sempre secondo il programma,
alla conferenza organizzata dal Centro Pannunzio sul libro della Fallaci
doveva intervenire Enzo Bettiza virgola e basta. Proprio così,
c’era il nome di Bettiza seguito da una virgola e poi non hanno stampato
gli altri nomi. Così uno poteva anche pensare che se Bettiza
già stava all’altra conferenza di Glucksmann, a quella della Fallaci
non ci sarebbero stati né relatori né moderatore! Invece
secondo il programma mandato ai soci del Centro Pannunzio doveva condurre
il vice-direttore del Centro, Anna Ricotti, e i relatori avrebbero dovuto
essere Jas Gawronski, giornalista e deputato al Parlamento Europeo, Enzo
Bettiza, giornalista, Massimo Introvigne, direttore del Centro Studi sulle
Nuove Religioni, e Ayad Al Abar, docente di lingua e letteratura araba all’università
di Torino.
Sì, avete letto bene, ben due conferenzieri avrebbero dovuto
essere simultaneamente in due posti diversi a parlare di due libri diversi.
Come è andata la distribuzione dei relatori? Jas Gawronski ha
eliminato il dilemma con un terzo impegno e quindi non c’era né da
una parte né dall’altra, e nella conferenza sulla Fallaci è
stato sostituito dal Presidente del Centro Pannunzio, Pierfranco Quaglieni.
Bettiza ha optato per la conferenza su Glucksmann e quindi in quella sulla
Fallaci è stato sostituito da Francesco Forte. Da Glucksmann
non ha moderato Marcello Sorgi, ma è stato sostituito da Carlo Bastasin.
Se non vi basta tutta questa confusione come sospetto di sabotaggio,
guardiamo la disposizione delle sale. La conferenza sull’ultimo libro
della più grande, più famosa, più letta, più
tradotta, più venduta scrittrice italiana è stata ospitata
nella sala aperta chiamata Caffé Letterario. Sala aperta nel
senso che i punti di ingresso erano tanti e senza porte, quindi si sentiva
tutto il caos del via e vai delle persone che camminavano per la fiera, con
tanto di conversazioni del coffee bar accanto. Capienza della sala
per 200 persone, tutta occupata con tantissima gente in piedi. Al filosofo
francese, che pure io stimo moltissimo, ma che in termini di fama, popolarità,
e vendite commerciali, non c’è proprio paragone con la Fallaci, bene,
a lui è stata assegnata la Sala Azzurra con capienza per 350 persone
con almeno 50 posti liberi.
Per quanto riguarda i contenuti è chiaro che anche io come
spettatrice non sapevo bene come dividermi. Ho sentito l’eccellente
discorso introduttivo di Anna Ricotti che ha parlato delle relazioni del
Centro Pannunzio con Oriana già da quando avevano organizzato la conferenza
su “La rabbia e l’orgoglio” due anni fa e che ha anche toccato i punti più
salienti del libro. Quaglieni invece ha riferito che il Centro Pannunzio
sostiene l’opera della Fallaci pur non condividendola al 100%.
Ha precisato che bisogna ricordare che la Fallaci non scrive saggi.
Il genere di questo libro, come quello precedente, è l’invettiva,
e sia questo che il suo essere una proverbiale “toscanaccia”, fanno perdonare
i suoi eccessi. Ha anche approfittato per parlare della notizia di
attualità del momento, cioè le torture e l’efficienza con la
quale i media di tutto il mondo ci stanno mettendo a conoscenza di queste
nefandezze. Pur condannandole senza mezzi termini, Quaglieni ha lanciato
una sua invettiva contro tutti le Lilli delle nostre televisioni e della
nostra carta stampata che non hanno adoperato altrettanto zelo a farci vedere
le vittime delle torture di Saddam Hussein.
A un certo punto mi sono alzata e sono andata a sbirciare per
vedere che aria tirava dall’altra parte. Non potevo arrivare in un
momento più propizio. Gianni Vattimo aveva appena cominciato
a parlare e io ho subito trovato un posto in seconda fila. Appena ha
fatto la sua prima sparata, sono scattata come una molla, e stavo per andarmene.
Poi, mi sono data una calmata e ho deciso di non lasciare la sala.
Mi sono resa conto che il mal di pancia che mi avrebbe procurato, era pane
per la mia penna. E grazie a questa mia forza di resistenza sarei stata
in grado di comunicare ai nostri lettori l’ultimo pensiero del grande filosofo
torinese, che lui nel frattempo ha già comunicato ai lettori del Manifesto
e cioè che oramai gli americani hanno arrestato Saddam Hussein e quindi
il mondo non deve più preoccuparsi di lui. E di conseguenza
non deve neanche più preoccuparsi dell’Iraq. Ciò di cui
dobbiamo tutti occuparci e per l’insediamento di una nuova corte di Norimberga
dove processare George W. Bush e Ronald Rumsfeld! Non sono filosofa,
ma secondo me dovremmo occuparci piuttosto di riaprire i manicomi dove custodire
i tanti maestri matti prima che inquinino le menti di un’altra generazione
di giovani.
Si è anche a lungo vantato del suo nichilismo “non come
quel Baget Bonzo sullo schermo”, riferendosi a Don Gianni Baget Bozzo, ospite
in collegamento da “Infedele” pochi giorni prima. E’ evidente l’equivoco
voluto sul cognome, meno evidente è a quale definizione si riferiva.
Se voleva dare del “monaco buddista” a Don Gianni, è una cosa.
Se intendeva il senso figurativo della parola, cioè, persona che si
dà arie di importanza e ostenta gravità, sarebbe meglio che
si guardasse allo specchio!
Quando sono tornata all’altra conferenza aveva già parlato
Ayad Al Abar. Non ho sentito quindi il suo discorso, ma me l’hanno
riassunto in questi termini: Oriana Fallaci non capisce niente, non
sa niente del mondo dell’Islam, vive a Manhattan totalmente tagliata fuori
dalla realtà. Non lo so. A me pare invece che durante
quei mesi in cui Oriana respirava la polvere che ancora circolava nell’aria
dopo la caduta delle Due Torri, nella realtà ci stava proprio nel
centro. (Alla realtà ci stesse proprio nel mezzo.)
Ma tornando alle tendenze sinistroidi del Salone e alle sue predilezioni
per il multicultursimo e il relativismo culturale, la ciliegia sulla torta
è stato lo spazio concesso ad uno stand pieno di libri che predicavono
odio contro l’America, contro Israele e contro l’Occidente. Qualche
titolo esposto allo stand della casa editrice Alethes: “Iddio maledica
l’America” (sottotitolo: “Ultimatum dell’Islam all’America”), “L’Islam castiga
Oriana Fallaci”, e “Guai a voi scribi e farisei” (sottotitolo: “Il dovere
di odiare Israele” con in copertina il cadavere di un bambino palestinese
avvolto in una bandiera israeliana. C’erano anche delle videocassette:
“Adel Smith contro Borghezio”, Adel Smith a Porta a Porta” e “Adel Smith
contro tutti”. Insomma, il Salone del Libro ha ospitato il “signore”
che chiamava “cadaverino” il crocefisso cristiano e che invitava gli italiani
ad unirsi all”Unione Musulmani d’Italia” per liberare l’Italia “occupata
dalle truppe americane”.
La presidente delle Provincia Mercedes Bresso (DS) si è
dichiarata incredula, ma da Pilato provinciale e proverbiale si è
lavata le mani: “Chiarirò con gli organizzatori quanto accaduto, anche
se la legge parla chiaro: ogni espositore è responsabile di
quello che mostra al pubblico”. No, signora Presidentessa, preferiamo
le parole dell’assessore alla cultura Giampiero Leo (FI), “Si può
essere tolleranti verso tutto tranne che verso l’intolleranza.”
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