Italian Perspectives                                    
by Sandra Giovanna Giacomazzi 

I ruffiani di fine anno scolastico  (L’Opinione della Libertà, 15 giugnio 2004)

Che stress di fine anno scolastico.  I ragazzi che t’inseguono per la scuola per fare qualche ultima interrogazione di ricupero, per farsi togliere qualche debito, cercando clemenza, promettendoti un futuro da angeli!  Sono proprio quelli che hanno stremato la tua pazienza per tutto l’anno, che hanno rovinato le tue lezioni, che hanno sempre fatto i cavoli propri, coloro che vengono sfacciatamente a chiederti di fare miracoli dell’ultima ora per le loro medie.  Io sono molto clemente, generosissima con quelli in difficoltà che ce la mettono tutta, ma per questi ruffiani di fine anno ho una risposta sola, e senza sprecare tanto fiato.  La risposta è un secco:  “No”.  Innegoziabile. 

Durante una delle ultime prove scritte ne ho beccato due della specie in un tentativo di copiare.  Si è visto poi dai risultati che di copiare ne avevano proprio bisogno!  Così il giorno dopo mi hanno inseguito per i corridoi, bussato alla porta durante le altre mie ore di lezione, cercando in ogni modo di commuovermi.  Ma poiché io sono rimasta irremovibile, una di loro mi ha mandato sua madre!  E così ha cominciato lei, la mamma, ad inseguirmi per i corridoi e per le mie classi.  Roba da matti! 

“Signora, è la prima volta che la vedo.  Come mai non è venuta a trovarmi prima?” le chiedo. “C’è sempre una lunga coda per vedere Lei,” si spiega.  “Eh, beh?  Per sapere come va sua figlia, dovrebbe valer ben la pena di fare un po’ di coda,” replico io.   “Sì, ma magari, poi diventava troppo tardi,”  risponde lei.  “Io non rispetto l’orario.  Rimango fino all’ultimo genitore, finché non mi cacciano fuori i bidelli,” l’assicuro io.  “Comunque sono venuta per chiederLe di far fare un’interrogazione di ricupero a mia figlia,” si confessa la madre.  “Ma io non posso comportarmi in maniera preferenziale verso sua figlia,” afferma l’insegnante, ossia io.  “Per carità, non Le sto chiedendo questo,” assicura lei.  “Non permetto a nessun di recuperare,” preciso io.  “Ma mia figlia non stava bene quel giorno,” mi informa lei.  “Sua figlia quel giorno voleva copiare, aveva messo tutti gli appunti in un posto strategico.  Solo che io l’ho beccata prima,” l’informo io.  “Mia figlia non ha mai copiato,” sostiene lei.  “Non so come Lei a casa possa sapere ciò che fa sua figlia a scuola, ma Le assicuro che io c’ero e l’ho vista coi miei occhi,” sostengo io.  “Ma Lei è straniera.  Forse non capisce.  Questo è il terzo anno, il primo anno del triennio.  Se Lei dà un debito a mia figlia conta poi nel conteggio finale,” lei mi istruisce.  “Signora, è dal mese di settembre che sua figlia sta facendo il terzo anno, non dalla settimana scorsa.  Forse doveva pensarci prima a preoccuparsi,” l’istruisco io.  È andata avanti così di seguito la conversazione con la mamma, lungo i corridoi, su e giù per le scale, prima di entrare e all’uscita delle mie classi.  Finalmente, mi ha detto per l’ennesima volta che io non capivo.  “Ma Lei non si rende conto.  Mia figlia vuole studiare medicina.  Sa, adesso c’è il numero chiuso, quindi ogni cosa conta. Un debito sul suo record potrebbe danneggiarla.”  Ed io: “Signora, anziché supplicarmi Lei mi dovrebbe ringraziare perché sono disposta a dare una lezione a sua figlia che Le serve molto di più della mia clemenza.  Sua figlia vuol fare il medico?  A maggior ragione non deve permettersi di copiare.  Pensi se Sua figlia va avanti nella vita convinta che va bene copiare agli esami, e lo fa anche agli esami di medicina, col risultato che un giorno sbaglia la diagnosi o toglie l’organo sbagliato ad un suo paziente.”

Quello che più mi ha stupito era la difesa ad oltranza ed incondizionata di un genitore di fronte alle malefatte della propria figlia.  Meno male che non tutti i genitori sono così.  Fino a quel momento avevo solo riscontrato l’appoggio dei genitori sensibili e interessati alla correttezza comportamentale della vita scolastica dei loro figli.  E’ chiaro che lo sforzo di un insegnante ad educare i propri studenti nel vero senso della parola, e non solo ad insegnare loro la propria materia, è vano se non sorretto da altrettanto impegno da parte dei genitori.


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