Italian Perspectives                                    
by Sandra Giovanna Giacomazzi 

Radicali, referendum e rappresentanza   (Ragion Politica, 1 maggio 2004)

Eccoli di nuovo.  Le città italiane sono tappezzate di tavolini e galoppini radicali per raccogliere firme per un nuovo referendum.  Non che io non condivida il contenuto di quest’ultimo referendum, come ho quasi sempre condiviso tutti quelli del passato.  Non è la sostanza che non mi va.  E’ il sopruso del metodo. 

Mi sono sempre chiesta come mai gli italiani ricorrano continuamente all’uso del referendum per abrogare le leggi, anziché fidarsi del loro parlamento pagato apposta per occuparsi di queste cose.  La risposta mi pare evidente:  non si sentono rappresentati dai loro rappresentanti.  E non c’è da meravigliarsi.  Tangentopoli avrà abolito la parola “partito”, ma non la predilezione per i vizi della partitocrazia.  Tranne qualche eccezione, spesso non sono gli eletti locali ad essere mandati a Roma a rappresentare le esigenze ed i desideri dei loro elettori, ma il contrario.  Sono i “non” partiti che decidono dove piazzare i membri dei loro ranghi.

Non è che non si usi il referendum dalle mie parte, negli Stati Uniti.  Anzi, non abbiamo solo il referendum abrogativo, ma anche quello propositivo e approvativo!  La differenza è che non si disturbano i cittadini ad andare a votare ogni volta che qualcuno decide che a lui non piace una legge.  I nostri referendum fanno parte integrale delle schede elettorali per le elezioni regolari che si svolgono ogni due anni per i membri del congresso e ogni quattro per il presidente. 

L’altra differenza è che ogni stato decide per sé se avere o no un referendum abrogativo (direct popular referendum), un referendum propositivo (direct initiative) o un referendum approvativo (indirect initiative).  Nel referendum propositivo sono i cittadini a proporre e poi votare direttamente la legge.  Quello approvativo è votato dal parlamento, ma diventa legge solo dopo che i cittadini lo votino.  Poi, naturalmente ogni stato può adoperare uno o due o tutti e tre o nessuno di questi sistemi.  Eh già!  E’ questo il federalismo! 

Così nella fattispecie ci sono 19 stati che utilizzano il referendum propositivo, sopratutto stati ubicati nell’ovest.  Degli 8 stati che adottano il referendum approvativo, 5 usano anche quello propositivo.  Sono 24 gli stati che impiegano il referendum abrogativo.  Per di più tutti gli stati possono organizzare dei referendum consultivi che sono una specie di sondaggio pubblico che permette ai governi locali e federali di conoscere meglio i sentimenti dell’elettorato, ma che non hanno nessun valore vincolante.  

Però per quanto complicato possa sembrare, non si sprecano né il tempo dei cittadini, chiedendogli di andare di proposito ogni volta alle urne, né i soldi pubblici per organizzare votazioni estemporanee.     


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