Partito unico? Proposta anti-lampedusiana,
(Ragion Politica, 17 giugno 2005)
Aveva proprio ragione Maurizio Belpietro: faceva davvero una certa
impressione vedere, nella fiction tv trasmessa a fine aprile, Alcide De Gasperi
lamentarsi per i governi che non duravano mai per un’intera legislatura.
Per carità, non è che io abbia scoperto qualcosa che non sapevo
già. Non solo per tutte le crisi vissute in più di vent’anni
di permanenza in Italia. Ma anche perché le crisi e le cadute
di governo dalla nascità della repubblica fanno parte della materia
che io insegno. Tuttavia, vedere la frustrazione di un uomo che voleva
il meglio per il suo Paese, un’Italia governabile, e che, per aver proposto
una formula funzionante, si è sentito tacciare di truffatore, mi ha
riempito il cuore di tristezza! Per l’ennesima volta verrebbe da citare
l’assioma lampedusiano dell’Italia che cambia perché nulla cambi!
Certo, non era solo la fiction a portarmi in una depressione democratica,
ma anche la realtà attuale. I parallelismi con il presente erano
inconfutabili. Francamente non capisco come Berlusconi possa nutrire
la fantasia di fare un partito unico con della gente che appena un mese fa
gli ha imposto una crisi di governo in cambio di una manciata di capricci,
rovinando a lui, e a tutti noi, la realizzazione di un sogno storico degasperiano:
il primo governo nella storia della repubblica a durare per un’intera legislatura!
Non aspettavo da un governo berlusconiano il solito balletto dei rimpasti
di ministri che ho sempre chiamato “musical chairs”, come il gioco per bambini
con la musica e le sedie mancanti. Che senso ha che Sirchia sia rimasto
senza sedia quando la musica dell’ultima crisi si è fermata?
Mai un Ministro della Salute aveva fatto di più per la salute della
nazione. Che logica c’è che uno Storace stia al suo posto?
Storace, che come prima uscita dopo l’incarico proclama che è l’ora
di fare qualcosa per facilitare la vita ai fumatori! Per non parlare
dell’antecedente sacrificio di Giulio Tremonti.
Che razza di meritocrazia stiamo creando quando i migliori ministri vengono
spediti a casa per colpa dei grilli degli “alleati”. E quale eufemismo
chiamarli alleati! Con amici come questi, chi ha bisogno di nemici?
Un partito unico con loro? Se sono capaci di far cadere un governo
per qualche poltrona, come si fa ad immaginarli disposti a sacrificarsi per
un progetto ben più ambizioso?
I partiti sono associazioni private e volontarie, ma in Italia ricevono finanziamenti
pubblici e qui emerge uno dei tanti problemi di un eventuale partito unico.
Se ricevono soldi solo per il fatto di esistere, perché mai dovrebbero
sciogliersi? Per non parlare del vezzo del protagonismo dei tanti presidenti
di farsi chiamare tali!
Il nome stesso “partito” deriva dal fatto che i partiti dovrebbero rappresentare
il sentire di una “parte” della popolazione. Dovrebbero essere un canale
di connessione fra i cittadini e le istituzioni dello Stato. Ma anziché
rappresentare noi, rappresentano se stessi. Piuttosto che occuparsi
dei nostri problemi, si occupano della spartizione delle poltrone e del loro
potere. Questo vizio si riassume in una parola che neanche esiste in
inglese: partitocrazia.
In un referendum di ben dodici anni fa gli italiani hanno comunicato il loro
desiderio di un sistema bipartitico, e i partiti si sono moltiplicati come
conigli. Hanno richiesto un sistema maggioritario e l’hanno avuto per
tre quarti con mille trucchi e trucchetti nella parte proporzionale.
Non saranno i buoni propositi di Berlusconi a farli tirare diritto, né
con le “buone” (dal loro punto di vista), dicendo loro che lui è sostituibile,
né con le “cattive”, dicendo che, come la Thatcher, ha bisogno di
un secondo mandato per completare la sua opera.
Quindi, visto che la formula lampedusiana non funziona, ossia funziona troppo
bene perché nulla cambi, proporrei una formula anti-lampedusiana:
Che tutto torni come prima, perché tutto possa cambiare. Mi
spiego meglio. Torniamo al sistema proporzionale. Pur con le
recenti perdite, Forza Italia rimane il partito di maggioranza relativa.
Sì, è vero. Così, non potrebbe governare.
Ma se introducessimo un premio di maggioranza per chi ottiene la maggiorana
relativa, i partiti più piccoli sarebbero annientati e si convincerebbero
da soli che non hanno più ragione di esistere. Insomma, non
con la persuasione ma con la realtà dei fatti, si collocherebbero
in un futuro partito unico. E se gridano “Legge Truffa” come fecero
con De Gasperi? Allora si chieda a loro come mai non gridano “truffa”
per il premio del 20% di cui gode il partito che vince la maggioranza relativa
nei consigli regionali. O addirittura per il premio del 60% che va
assegnato al partito dei presidenti delle province e dei sindaci nei consigli
provinciali e comunali? Premio di cui godono già da qualche
tempo, garantendo un forte esecutivo e la governabilità dei governi
locali di cui quella nazionale continua a sognare.
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