Pannella che pretende di rubare l'ultima scena al Papa
, Ragion Politica, 8 aprile 2005
«Io prego, chiedo, a chi lo può, di far sapere in
tempo al Papa che le istituzioni e la politica italiana, in coerenza con
tutto quel che mostrano e ostentano - anche per darne prova e dimostrazione
- si impegnano a concedere una immediata amnistia generalizzata per tutti
i reati commessi entro la fine del 2004. Inizio questa sera uno sciopero
della sete per aiutare chi può a prendere subito questa decisione.
Se possibile finché il Papa possa saperlo. Io prego, chiedo, a chi...finché
il Papa possa saperlo. Io prego, chiedo, a chi...».
Queste le parole pronunciate da Marco Pannella sabato mattina su
Radio Radicale, subito dopo la rassegna stampa. Come quei nastri ad continuum,
offensivi ed invasivi, che trasmettono sui camion che girano i quartieri
per vendere cassette di frutta e verdura, Pannella sbraitava il suo messaggio
a tutti gli ascoltatori che - immagino - saranno rimasti allibiti quanto
me.
Ma come? Con tutto il suo anticlericalismo viscerale, le accuse
di fondamentalismo cattolico al «No Vatican. No Taliban», le
idee diametralmente opposte come: la fecondazione assistita, l'aborto, i
rapporti alternativi, la contraccezione per mezzo del profilattico come strumento
per uccidere la fame e l'Aids con una sola fava, Pannella approfitta dell'unico
argomento in comune, ossia la clemenza verso i carcerati, per rubare al Papa
l'ultima scena nelle sue ultime ore di vita.
Ma chissà, magari il Papa avrebbe apprezzato questo ennesimo
sfruttamento mediatico di Marco, il suo senso del «carpe diem»
quando si tratta di approfittare di qualunque cavillo per mettere i riflettori
su di sé. Si sa: il Papa era molto consapevole dei meriti dei media
e possedeva il savoire faire per sfruttarle con disinvoltura e disimpegno.
Del fiume incessante di parole ed immagini che corrono non-stop
dai media da una settimana, perlustrando ogni aspetto della vita privata
e pubblica di Papa Karol Woityla, gli aneddoti per me più simpatici
sono stati quelli raccontati dall'arcivescovo di Phildelphia, John Foley,
il direttore della comunicazione del Vaticano, che riguardavano, appunto,
il rapporto del Papa coi media. Monsignor Foley era segretario della stampa
di lingua inglese quando il Papa visitò gli Stati Uniti per la prima
volta. Foley riuscì ad entrare alla Casa Bianca quando fu presente
il Papa. Un assistente militare prese nota del suo nome e disse al presidente
Carter, «Signor presidente, qui c'è Monsignor Foley».
Il presidente poi si rivolse al Papa dicendo, «Sua Santità,
le presento Monsignor Foley». Il Papa gli rispose: «Ah, so bene
chi è. Lui è qui con me!». Un'altra volta il cardinale
Keeler aveva con sé un'equipe televisiva di una stazione locale del
Baltimore. Chiese al Papa: «Sua Santità, le dispiacerebbe se
registrassimo questa presentazione?». La risposta consenziente di Wojtyla:
«Se non succede in televisione, non succede!».
Da una parte, dunque, un grande uomo (Giovanni Paolo II) che con
umiltà faceva il suo lavoro acquistando i riflettori in mondovisione.
Dall'altra, un vanaglorioso (Pannella) che ha passato la sua vita facendo
capriole pur di presenziare e che non si ferma con le sue acrobazie neanche
davanti alla morte del Papa. Come diceva Goethe: «Dove c'è molta
luce, l'ombra è più nera».
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