Mitrokhin: Tanto silenzio per molto, (Ragion Politica,
29 gennaio 2005)
Altroché tanto rumore per nulla! C’è tanto
silenzio per molto. E’ così che Senatore Paolo Guzzanti risponde
a chi vorrebbe mettere in sordina e affossare la Commissione Mitrokhin da
lui presieduta.
Il Senatore sta girando l’Italia per informare i cittadini sul
lavoro della sua commissione, lavoro che viene portato avanti pur disponendo
solo di una frazione delle schede che farebbero parte dell’originale insieme
delle informazioni sull’Italia portate da Vasilij Mitrokhin, la cui parte
mancante Guzzanti ama definire il Sacro Graal. La sua commissione ha
ricevuto solo 261 schede “interattive” che dovevano formare la parte finale
degli invii da Londra a Roma. Il dossier completo che Mitrokhin ha
portato su tutti i Paesi in cui ha operato il KGB ne conteneva 300,000.
Anche facendo un calcolo molto grossolano all’Italia ne spetterebbero almeno
qualche decina di migliaia. Le 261 del ristretto invio che ha il nome
di codice Impedian sono probabilmente una specie di scampolo finale, ma il
grosso è altrove, ma non senza lasciar tracce. In ogni modo,
anche con un malloppo di carta così misero la commissione sta tessendo
un arazzo ricco di scene e figure solo apparentemente disconnesse fra di
loro, e che riguardano gli episodi più devastanti della recente storia
italiana.
Il filo conduttore è l’idea che l’Unione Sovietica ritenesse
lo scontro militare cosa inevitabile. La sua convinzione era che il
fallimento del Vietnam, lo scandalo del Watergate e la debole presidenza
di Gerald Ford avessero lasciato l’America in uno stato di depressione, e
che quindi i tempi fossero maturi per agire. Non con una partita di
ping-pong coi missili che avrebbe solo portato all’annientamento delle due
superpotenze, ma sul solito campo di battaglia: l’Europa.
Un filo dorato che mette luce sui misteri più oscuri degli
ultimi trent’anni: Il sequestro e l’assassinio di Aldo Moro visto come
azione militare per accedere a documenti dei servizi segreti che lui conosceva
più di chiunque altro. La spettacolarità dell’uccisione
di Giovanni Falcone, tecnica così atipica per la Mafia. Falcone
che oramai stava a Roma, e non a Palermo, e che appunto si occupava dei “soldi
del popolo russo” dati dai sovietici al PCI e che i russi pretendevano di
farsi restituire. Paolo Borsellino che dice di aver capito tutto quando
muore Falcone, e così muore anche lui in un'altra sceneggiata sproporzionata,
metodica sempre del tutto anomala per le cosche. Anche per quanto riguarda
l’uccisione del Generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, si sospetta
che fra i motivi della sua "condanna a morte" per mano della mafia ci sia
anche un rapporto con il contenuto delle carte di Moro di Via Montenevoso.
E, last but not least, il Colonnello Umberto Bonaventura non è morto
in modo spettacolare, ma, per ciò che si dice, di morte naturale nel
suo letto. Tuttavia, un paio di coincidenze ci danno “food for thought”,
cibo per pensare. Uno: è stato proprio Bonaventura, fedelissimo
collaboratore del Generale Dalla Chiesa, colui che aveva asportato dal covo
delle Brigate Rosse di via Montenevosoa Milano i testi degli interrogatori
di Moro. Due: si occupò lui direttamente della gestione
delle carte fornite dagli inglesi sulla base delle informazioni del transfuga
russo, ed è morto di colpo proprio alla vigilia della sua audizione
davanti alla Commissione Mitrokhin.
Tanti avvenimenti misteriosi della recente storia italiana, ognuno
dei quali coinvolge una persona che ha pagato con la propria vita il troppo
che sapeva. A me preoccupa che il Senatore Guzzanti vada in giro per
il Paese raccontando a chiunque sia disposto ad ascoltarlo che il Sacro Graal
contiene le risposte a tutti questi misteri, e che lui conta di metterci
le mani sopra. Sarebbe più prudente far scoppiare la pentola quando
avrà la pentola in mano. Quando l’antagonista è benevolo
con lui, lo fa passare per un matto che spara teorie fantasiose, solo perché
ha un modo molto divertente e teatrale di raccontare gli episodi più
drammatici della nostra storia. Eh sì, se non il buon senso,
almeno il talento per la mimica, le imitazioni e la comicità, Sabrina
e Corrado li hanno ereditati dal padre. Ma non vorrei che le denuncie
diffamanti degli avversari diventassero l’ennesimo delitto. Mi consola
il fatto che non potrebbero comunque annientare un’intera commissione.
In ogni modo, lui va avanti senza macchia e senza paura e alla
mia metafora dell’arazzo preferisce quello della diga che gli inglesi fecero
saltare nel film del 1956, “The Dam Busters, “I guastatori delle dighe” con
Richard Todd, basato sulla vera tecnica di bomba cilindrica e vorticosa che
colpisce a più rimbalzi, inventato dallo scienziato britannico, Barnes
Wallis.
Il Senatore ha una predilezione per i paragoni cinematografici.
Per far capire le manchevolezze della stampa, ricorda la scena finale di
“I tre giorni del Condor” quando Robert Redford dice all’agente che è
arrivato troppo tardi perché aveva già consegnato tutto a “loro”
indicando col dito il palazzo del New York Times. L’altro gli risponde:
“E tu credi che lo pubblichino? E anche se dovessero pubblicarlo?
Che cosa cambierebbe?”
L’Italia merita un finale migliore: un futuro non sepolto
ma liberato dagli scheletri del passato.
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