Cittadini indignati:
Time for a Tea Party! (Ragion Politica, 14 gennaio 2005)
Chi cerca di sminuire il recente episodio di aggressione contro
il presidente del consiglio dimentica che il potere delle parole dei cattivi
maestri, volenti o nolenti, spesso portano i loro alunni ad usare le pallottole.
I tanti casi Calabresi ce lo confermano. Anche se Berlusconi
stesso lo ha sminuito, porgendo l’altra guancia, perdonando il suo aggressore,
gesto nobile che però non condivido.
Spero che la giustizia operi a dovere e che proceda anche senza
la sua denuncia. E metto la mia firma su una lista che propongo ai
cittadini offesi che vogliono costituirsi parte civile. Ci voleva poco
perché il gesto del muratore ci privasse del nostro premier. E’ bastata
la consegna di un avviso di garanzia undici anni fa a cambiare la storia
d’Italia, senza il quale a quest’ora saremmo ben oltre le riforme thatcheriane.
Se gli permettiamo di raggiungere con la violenza ciò che non sono
riusciti a produrre coi processi sarebbe imperdonabile.
“Berlusconi, un po’ se l’è cercato”. Come gli americani
che se lo sono un po’ cercato l’attacco alle Due Torri. Come gli israeliani
che se li cercano gli attacchi kamikaze agli autobus e nei ristoranti.
Come gli spagnoli che se le sono cercate le bombe alla stazione di Madrid.
E come loro, anche lui, essendo causa del suo male, pianga se stesso.
Parole dal poeta Mario Luzi a cui ci sarebbe da ritirare la licenza.
Si starà adeguando ai criteri dei signori svedesi che hanno preferito
a lui la prosa politicante di Dario Fo. E pensare che prima il premio
Nobel lo davano ai Pasternak!
Ma magari si trattasse solo della prosa amareggiata di un poeta
deluso e invidioso. Invece questa grancassa di spropositi viene dalla
bocca di un senatore a vita, non eletto dal popolo. E un silenzio tombale
su tutta la vicenda è l’unica cosa che si è sentito dal Presidente
della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, anche lui non eletto dal popolo, ma
da cui il senatore a vita è stato nominato.
Chi parla troppo e chi avrebbe il dovere di parlare, ma non lo
fa, fanno questo torto nei confronti dell’uomo che ha ricevuto, lui sì,
oltre al treppiede in testa, la maggioranza relativa dei voti dal popolo
italiano. Fatto che ha poco peso per uno come Di Pietro, per il quale
le parole del poeta sono state la voce del pensiero intimo di molti italiani.
Ma quali italiani? Quelli a cui è stato insegnato ad odiare,
proprio da tipi come lui.
Il colpevole di quest’atto di odio, oh pardon, della scappata
del treppiede, oh pardon, della bravata per far colpo sulla sua ragazza,
oh pardon, ancora, dell’espediente per finire sulle prime pagine dei giornali,
insomma, il muratore mantovano, è stato subito rilasciato. Il
Gip di turno, che non è un Gip ma una Gip, da non confondersi, però,
con la Jeep, anche se, con la sua decisione di liberare il povero pivello,
rischia di portare la giustizia molto fuori strada. Cosa che può
fare e rimanere pure indenne come rimangano indenni i suoi colleghi magistrati
che si sono dedicati negli ultimi undici anni a perseguitare il nostro presidente
del consiglio. Lo può fare perché è protetta da
un organo che la rende intoccabile, e impunibile per qualunque errore o abuso
che fa del suo ufficio. Quell’organo, che in teoria dovrebbe proteggere
l’indipendenza della magistratura, la mette, invece, al di sopra della legge
stessa. Quel organo si chiama: Il Consiglio Superiore della Magistratura.
E come se non bastasse, c’è la storia del Dottor Fucci,
segretario dell’ANM, coinvolto nel girotondo di sms di Sant’Antonio per ricomprare
un nuovo treppiede al neofamoso. Il segretario dice di non essere l’autore
del messaggino, come se non capisse che, gravato dal suo ruolo di magistrato,
non avrebbe neanche dovuto inoltrarlo.
I magistrati che si trasmettono messaggini maliziosi, la Gip che
prende i crimini troppo alla leggera, il senatore che parla troppo e il presidente
che avrebbe il dovere di dirci qualcosa ma che, invece, sta zitto, pur non
essendo stati eletti da noi, ricevono tutti fior di stipendi e privilegi
pagati con i soldi di noi contribuenti. Tutto merito della Costituzione
della Repubblica Italiana. E fossero solo quelle le colpe dei commi di quel
documento!
Paolo Guzzanti si domanda che cosa sarebbe successo negli Stati
Uniti in un caso simile. In primo luogo, un senatore a vita non avrebbe
sparato le sue, perché il concetto del senatore a vita non esiste,
e non potrebbe mai esistere negli Stati Uniti. Sarebbe inaccettabile
per qualunque americano, un rappresentante che non rappresenta nessuno, un
senatore non eletto, e per di più, al quale non puoi togliere il mandato.
Ma scherziamo! E se l’avesse detto un senatore eletto, sarebbe stato
invitato a dimettersi.
In secondo luogo, l’equivalente americano della Gip non si sarebbe
arrampicato sui vetri per liberare il colpevole con l’attenuante della distinzione
fra Palazzo Chigi e Piazza Navona. Il Presidente degli Stati Uniti
è il Presidenti degli Stati Uniti per i quattro anni del suo mandato,
24 ore su 24, che stia nell’Oval Office o che cammini lungo il Mall!
In terzo luogo, organi come il CSM e l’ANM non esistono negli
Stati Uniti, e i giudici che si comportano con parzialità, che fanno
arrestare e condannano con troppa leggerezza, che abusano del potere che
hanno sulla libertà dei cittadini, vengono licenziati come chiunque
altro. Non esistono i concorsi, magari vinti con furbizia o con la
raccomandazione, che mette un giudice in una botte di ferro di garanzia di
carriera e promozioni qualunque cosa combini.
Che cosa avrebbero fatto gli americani, Caro Guzzanti? Dalle
mie parti, a Boston, avremmo fatto un’altra Tea Party e avremmo scritto un’altra
Costituzione già da tempo!
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