L’Opinione delle Libertà, Edizione 130 del 21-06-2007
National Public Radio tasta il polso
all'elettorato statunitense
Yankee stanchi di
immigrati
di Sandra Giovanna Giacomazzi
Le campagne
elettorali per le primarie presidenziali statunitensi già
cominciate da un
pezzo hanno alzato la marcia con dibattiti televisivi inimmaginabili in
Italia:
nove candidati dello stesso partito in fila quasi tutti sconosciuti al
grande
pubblico, in piedi dietro un podio a rispondere educatamente uno ad uno
su
tutti gli argomenti caldi della politica attuale. Prima tutti i
candidati
democratici, poi un’altra trasmissione con quelli repubblicani. Quali
sono gli
argomenti più discussi? La legge sull’immigrazione e l’impegno
in Iraq.
E' per questo
motivo che la redazione della radio nazionale, National Public Radio,
ha deciso
di sentire i redattori di tre giornali rappresentativi di tre aree
geografiche
ben diverse per misurare il polso delle popolazioni locali
coast-to-coast
attraverso le lettere che ricevono i direttori dai loro lettori.
Così hanno
interpellato Jay Bookman dell'Atlanta Journal-Constitution da Atlanta,
Georgia
sulla East Coast, Carol Hunter dell Des Moines Register da Des Moines,
Iowa,
nel Midwest, e Bob Kittle del San Diego Union Tribune da San Diego,
California
sulla West Coast. Tutti i tre sono redattori delle pagine editoriali e
quindi
coloro che gestiscono anche le pagine delle lettere molto frequentate e
molto
considerate negli Stati Uniti come espressione dell'elettorato.
Per Jay Bookman
la preoccupazione per la questione dell'immigrazione è in forte
crescita nella
Georgia da circa due o tre anni, soprattutto nelle aree rurali e
suburbani che
sono state maggiormente colpite dall'immigrazione. Nella Georgia ci
sono molte
industrie che attirano gli immigrati illegali. Nell'area metropolitana
c'è
l'industria della costruzione. Nel sud della Georgia, l'agricoltura
è molto
forte. Nel nord c'è l'industria dei tappeti e del pollame. Le
località più
colpite sono quelle più piccole e povere. Secondo Bookman,
quando hai un forte
flusso di persone che provengono da altre culture e che parlano altre
lingue in
aree e comunità molto piccole, l'impatto è
sproporzionatamente grande con un
evidente affaticamento sull'infrastruttura. Dove, per esempio,
provvedere per
un insegnamento speciale per i bambini degli immigrati che parlano
inglese come
seconda lingua è un importante costo aggiuntivo per le
circoscrizioni
scolastiche già sotto stress economicamente. Con questo Bookman
non esclude che
una parte della resistenza sia pregiudiziale.
La reazione nel
Midwest è mista secondo le stime di Carol Hunter. Nel mondo
degli affari, del
commercio, e dell'agricoltura la liberalizzazione delle leggi riguardo
agli
immigrati è vista con un occhio positivo. Iowa è uno
stato che non avrebbe
visto nessuna crescita durante gli anni novanta senza l'influsso degli
immigrati, legali e non. In particolare, l'industria del
confezionamento della
carne dipende fortemente dal lavoro degli immigrati. Hunter ammette,
però, che
questo va a scapito dei cittadini locali che erano abituati a
guadagnare 16
dollari all'ora facendo questo lavoro. Adesso con la
disponibilità degli
immigrati a lavorare per meno, la paga è abbassata di un terzo.
Per quanto riguarda l'altro argomento di forte dibattito, l'impegno in
Iraq, i
tre redattori concordano. Secondo Bookman, nonostante la Georgia sia
uno stato
conservatore e pro militare, non c'è più nessun
entusiasmo per la guerra,
neanche fra i più forti difensori del presidente. "Non
c'è più passione.
C'è la riluttanza ad ammettere che molto probabilmente dovremo
andarcene, ma
questo è molto diverso dal dire che ci sia il desiderio o la
volontà di
continuare a combattere. Quindi si tratta di un cambiamento molto
marcato anche
solo da un anno fa. "Per Hunter i repubblicani dell'Iowa sono in uno
stato
di negazione al riguardo della guerra. Nell'area di San Diego, invece,
ci sono
due basi, una base navale e una dei marine. Secondo Kittle il personale
in
uniforme è ancora convinto che bisogna proseguire con l'impegno.
Diverso, però,
è l'atteggiamento delle loro famiglie. Non si tratta di
sentimento anti-guerra,
ma di forte stanchezza. E' una zona che ha subito intimamente l'impatto
della
guerra. Trecentoquindici militari di Camp Pendleton sono morti in Iraq
e quasi
tutti i giorni c'è una cerimonia commemorativa per uno di loro.
Ripete che il
sentimento non è contro la guerra ma "di fatica e di voler
sapere come si
potrà uscirne, quando finirà, per quanto ancora la
dovremmo sostenere”.
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