Italian Perspectives                                             
by Sandra Giovanna Giacomazzi 

L’11 settembre, Radical Style

Oramai, o forse da sempre, i radicali agiscono su binari sfasati:  O fanno cose giuste per ragioni sbagliate, o fanno cose sbagliate per una giusta ragione.  L’11 settembre non è stato un’eccezione.

I radicali di Torino hanno organizzato una manifestazione in Piazza Castello dove si sono riuniti una ventina di persone in tutto.  Forse sbaglio a sbandierare tanto il mio essere americano.  Forse sono ingenua nel volere che mi vogliano bene dopo tutte le critiche che ho scritto nei loro confronti.  Forse è troppo pretendere che capiscano che io lo faccio per amore, che cerco di svolgere nei loro confronti lo stesso ruolo che loro svolgono nei confronti della società:  pungere perché diano il meglio di sé.  Fatto sta che una persona sola mi ha fatto sentire con la sua presenza accanto a me, il suo cordoglio per il dolore e l’isolamento del mio Paese.  Una con un passato politico d’estrema sinistra, talmente estrema che le è toccato pagare il debito con anni di carcere.  Una che per la stoffa di cui è fatta, ha saputo fare preziose le lezioni subite sulla propria pelle.  Una che ha percorso un’evoluzione che le ha insegnato due cose: che i fini della sinistra non funzionano, e che i mezzi non sono morali.

Lei, come me, si è sentita a disagio a quella manifestazione.  Non solo perché c’erano degli scritti che non condividevamo.  Ma perché più che una cerimonia commemorativa per i morti delle Twin Towers o per la ferita all’idea della libertà che il mio Paese rappresenta, ci è sembrata un’ennesima occasione per mettersi in mostra.  Più parole sono state spese per far notare ai media l’assenza del Sindaco Sergio Chiamparino ed del Presidente della Regione, Enzo Ghigo, che per l’offesa all’America oltraggiata.  Pareva un atto di protagonismo propagandistico, non uno di cordoglio e commemorazione.  Un “photo-op”, photo opportunity, come si usa dire nel mondo giornalistico anglosassone.

Se fossi stata a Roma, invece, non ci sarei proprio andata.  A Roma, i radicali hanno deciso di fare la manifestazione davanti alla moschea, sotto il titolo “Siamo islamici anche noi democratici, laici, nonviolenti.”  Per quanto io possa essere d’accordo con il desiderio dei radicali di proporre la questione dei diritti, della democrazia e della libertà negli stati arabi oppressi dai regimi dittatoriali, come americana, ho trovato offensivo approfittare dell’11 settembre per la divulgazione di questo messaggio.

So che lo spirito dei radicali era:  la non esclusione ed insolamento della comunità islamica.  Vedono gli Stati Uniti come il più alto esempio di realizzazione democratica e come i più arditi promotori dello stato di diritto, e come tale, anche il bersaglio principale e più ambito del terrore.  Però come non pensare che un slogan come “Siamo islamici anche noi…” non sia una trovata pubblicitaria per attrarre l’attenzione su di sé, anche se con un buon proposito:  abbracciare gli islamici che aspirano anche loro ai principi della democrazia.  Qualunque altro giorno, poteva essere un bel gesto.  Proporre un’agenda simile per l’11 settembre, parlo da americana, ma so che il mio avviso è condiviso anche da chi americano non lo è di passaporto ma lo è di spirito, pare una proposta di cattivo gusto.

E come spesso succede l’iniziativa si è rivelata una vera autentica radicalata.  È così che oramai definisco le iniziative radicali in difesa, sì, di alti principi, ma che finiscono come boomerang con risultati opposti a quelli auspicati.

Il loro buon intento è stato rifiutato dall’imam della moschea di Roma, che ha fatto intervenire la questura.  Voleva far addirittura vietare la manifestazione.  Ha ottenuto lo spostamento del corteo e del luogo dell’ incontro.  Così i radicali che hanno voluto manifestare per la democrazia nei Paesi musulmani, hanno visto, invece, i musulmani di Roma adoperarsi per togliere un po’ di democrazia ai cittadini italiani e al loro diritto di alzare bandiere nelle piazze pubbliche dove e quando vogliono.

Temo che questa volta i radicali abbiano addirittura fatto la cosa sbagliata per la ragione sbagliata.  La democrazia è una perla che va offerta a chi ne fa buon uso.   Avranno imparato la lezione?  Temo di no.  Non sono mai mancate ai radicali le occasioni di imparare dagli errori del passato:  Tony Negri, Oscar Luigi Scalfaro, i seggi del CSM e della Camera, per citare solo alcuni.  Ma per imparare dai propri errori, bisogna riconoscergli come tali.

E il più grande errore, secondo il mio punto di vista, è di non avere accettato l’accordo con il centrodestra.  Se i radicali stessero dentro i palazzi anziché fuori, non avrebbero bisogno di inventarsi tutte queste diavolerie pubblicitarie che gli ritorcano contro, e che gli fanno fare brutta figura dei loro begli ideali.



Editors interested in subscribing to this syndicated column may request information by sending an e-mail to:

giogia@giogia.com                                                  Ritornare alla lista