Triple Jeopardy o processo all'italiana (L'Opinione, 20 novembre 2002)
Paolo Guzzanti non sa che pesci pigliare per spiegare alla sua deliziosa moglie americana ed ai suoi amici stranieri, come diavolo possa succedere che un uomo che è stato assolto, adesso si trovi condannato a 24 anni di carcere. Negli Stati Uniti questo non può accadere. Anzi ha anche un nome: Double Jeopardy, il quinto emendamento della costituzione, cioè un imputato non può essere processato due volte per lo stesso reato. Intendiamoci, se il risultato del primo grado è una condanna, il condannato può chiedere un appello di secondo grado e anche uno di terzo. Ma, se perde la causa in primo grado, per il prosecutor, cioè il magistrato che accusa, la partita è finita. A che servono quei gradi minori se non contano per niente? Per smistare carta eterna, dossier e plichi ad esaurimento da un esercito di burocrati pagati con le nostre tasse? Per far pigliare lo stipendio ai tanti magistrati inutili e ridondanti? A torturare i cittadini accusati, con una spada di Damocle perpetua sulla testa? Perché diavolo si fanno i processi di primo e secondo grado, se in tanto bisogna arrivare per forza al terzo grado?
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