Italian Perspectives                                                              
by Sandra Giovanna Giacomazzi 

L’Opinione delle Libertà, Edizione 194 del 11-09-2007

Toby Keith, cantante country

Contro i pacifisti dalla parte di Zio Sam

 di Sandra Giovanna Giacomazzi

Nel sesto anniversario dell’undici settembre, mentre registi e attori hollywoodiani fanno una sfilza di film di propaganda anti-bellica come non hanno mai fatto prima (mentre ci sono ancora soldati impegnati sul campo di battaglia), c’è ancora chi insiste in una politica all’insegna dello “staying the course”, del “tenere duro”, oltre a George W. Bush. Uno di questi è il cantante country Toby Keith “on tour” per promuovere il suo ultimo CD “Big Dog Daddy”. Nonostante il fatto che tutte le canzoni abbiano un contenuto nettamente “country” (le pene di amori perduti o non ricambiati) e che siano prive di tematiche politiche, tutto ciò che caratterizza i suoi concerti è impregnato di patriottismo. Dal corredo d’accessori negli stand all’entrata e all’uscita dei suoi concerti, alle esibizioni organizzate in Medio Oriente per dare sostegno morale alle truppe con la propria presenza, e comunicare a loro in prima persona l’apprezzamento per il sacrificio che fanno per la libertà di tutti. Al bis finale d’obbligo di ogni suo concerto: la canzone scritta dopo l’intervento in Afghanistan nel 2001 in seguito all’undici settembre, quella sì, di contenuto controverso anche se più patriottico che politico.

Quella che gli è costata polemiche a non finire con colleghi e i mass media che hanno cancellato le sue apparizioni televisive quando lui rifiutò di cambiare o togliere le frasi che ritenevano politicamente scorrette. La stessa canzone che continua a provocare applausi esaltati nel suo pubblico ultra-patriottico. La canzone si intitola “The Angry American (Courtesy of the Red, White and Blue)” ossia “L’americano arrabbiato (per gentile concessione del governo a stelle e strisce)”. Oltre alla sua rabbiosa promessa di vendicarsi di Osama Bin Laden, la canzone trasuda il suo grande amore, senza macchia e senza paura, per il suo Paese, il suo rispetto e la sua gratitudine per gli uomini e le donne che rischiano la loro vita per difendere la libertà di tutti. La versione live della registrazione della canzone è preceduta da una sua introduzione:

 “Dopo l’undici settembre chiunque fosse un poeta o uno scrittore o un cantautore di qualsiasi genere, aveva una ragione valida per scrivere qualche parola o buttare giù, su un pezzo di carta, qualche pensiero al riguardo. E io non ero diverso da tutti gli altri. Questo è quello che fai quando eserciti questo mestiere. Eh già. Mio padre era nell’esercito negli anni cinquanta quando perse un occhio addestrandosi per una missione di combattimento. Tornò a casa e piantò una bandiera nella nostra fattoria, che io continuo ogni giorno ad issare. Mio padre morì sei mesi prima degli attacchi a New York e agli Stati Uniti. Ma già all’epoca quella bandiera sventolava ogni giorno in quel giardino. Mio padre mi ha tirato su bene e non si è mai lamentato per l’occhio che aveva perso. Mai l’ho sentito piangere ricordando quel periodo. Era felice di aver fatto il suo dovere perché noi potessimo vivere in libertà. E ora tocca a noi fare ciò che fecero i nostri padri e i loro padri prima di loro. Fare in modo di non deluderli. Ho scritto una canzone nei giorni dopo l’undici settembre intitolata ‘L’americano arrabbiato’ e desidero mandarla a mio padre questa sera”. Ciò che continua a fare oggi in chiusura d’ogni concerto:

“Ragazze americane, ragazzi americani/ Ci alzeremmo sempre a rendere omaggio riconoscendo nello sventolare della nostra bandiera/ Che sono molti gli uomini morti perché noi possiamo dormire in pace appoggiandoci la testa la notte/ Mio padre ha servito nell’esercito dove perse l’occhio destro/ Ma issò la nostra bandiera là fuori nel nostro giardino fino al giorno della sua morte/ Desiderava che mia madre, mio fratello, mia sorella e io crescessimo e vivessimo felici nel Paese della libertà/ Ora questo Paese che amo è sotto attacco/ Un pugno sporco ci ha colpito volando da dietro e di nascosto/ Ma appena abbiamo visto in maniera chiara pur attraverso un grande occhio nero/ Abbiamo illuminato il tuo mondo come il 4 di luglio/ Zio Sam, ha messo il tuo nome in cima alla sua lista/ La Statua della Libertà ha cominciato a scuotere il suo pugno/ Un’aquila volerà e sarà l’inferno per te/ Quando senti Mamma Libertà suonare le sue campane/ Sembrerà che il mondo intero ti stia piovendo addosso/ Gentilmente offerto dal governo a stelle e strisce/ Giustizia sarà fatta e la battaglia infurierà/ Questo grosso cane combatterà se osate scuotere la sua gabbia/ E ti pentirai di aver disturbato gli USA/ Perché ti daremo un calcio nel culo, è così che facciamo."


Editors interested in subscribing to this syndicated column may request information by sending an e-mail to:

giogia@giogia.com                             Ritornare alla lista