L’Opinione delle Libertà, Edizione 45 del 05-03-2008
Primarie Usa
In Texas e Ohio la battaglia del “make it or break it”
di Sandra Giovanna
Giacomazzi
Dopo due
settimane di pausa ieri si sono svolte le primarie per la presidenza
americana
nel Texas, nell’Ohio, nel Rhode Island e nel Vermont. Dal lato
democratico
queste primarie erano viste come “make-or-break”, o ce la fa o si
ritira, per
la senatrice di New York, Hillary Clinton. Nella “pausa” comunque ci
sono state
alcune eccezioni perché di fatto in questi giorni si sono svolte
primarie
repubblicane in tre territori: le isole Marianne del Nord (6 delegati),
la
Samoa americana (6 delegati) e nel Puerto Rico (20 delegati), tutte
vinte dal
senatore dell’Arizona, John McCain. E proprio quando sembrava che la
gara
cominciasse ad essere più limitata è arrivato un nuovo
candidato indipendente,
o forse sarebbe più appropriato dire un vecchio candidato, sia
per la sua età,
sia per il fatto che sarà la quarta, se non la quinta volta che
l’attivista
Ralph Nader si candida. Dipende da come si conta. Ma chi sta contando?
I
Democratici che non hanno mai scordato che fu proprio lui a costare la
presidenza ad Al Gore nel 2000 quando Gore ottenne solo 537 voti meno
di Bush
nella Florida, la quale aveva regalato ben 97.000 voti a Ralph Nader.
Per i
Democratici i delegati contesi nell’Ohio erano 141. Nel Texas i
delegati erano
193, due terzi dei quali assegnati come risultato di una primaria,
l’altro
terzo con dei caucuses, l’unico stato della nazione dove bisogna votare
due
volte nello stesso giorno. Poi in un’elezione dove ogni delegato conta,
come
non mai prima d’ora, anche i 15 delegati del Vermont e i 21 di Rhode
Island
acquistano la loro importanza.
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