L’Opinione delle Libertà, Edizione 108 del 23-05-2007
Cronache transatlantiche
Servizi bancari,
l’America è lontana
di Sandra Giovanna Giacomazzi
Dopo la grande
merger Intesa-San Paolo arriva quella di Unicredit-Capitalia con tutti
i soliti
sussurri e sospetti di commistione fra affari e politica. Noi stessi
abbiamo
scritto l’altro giorno in prima pagina: “Le conseguenze del bipolarismo
bancario saranno numerose e diverse. In particolare all’interno del
quadro
politico nazionale e del patto di sindacato che controlla il Corriere
della
Sera”. Ma che questi maxi merger porteranno qualche beneficio ai
cittadini
utenti, avremmo qualche dubbio. Le “privatizzazioni” degli anni passati
sono
servite poco a creare banche sensibili alle esigenze dell’utenza.
Nonostante le
campagne pubblicitarie propagandate dalle banche in questo periodo
promettano
sempre più servizi a costi sempre più bassi, pare che
l’impressione dell’utenza
non corrisponda a quelle premesse. Almeno a giudicare dalle tante
lamentele
giunte in redazione durante la trasmissione di Tg1 Speciale la
settimana
scorsa, intitolata: “Banche, mi fido o non mi fido?”, che dimostravano
una
netta preponderanza per la non fiducia.
Come utente pluridecennale delle banche da ambo i lati dell’Atlantico,
vorrei
raccontarvi un aneddoto che illustra come la qualità dei servizi
offerti dalle
banche italiane alla loro utenza rimanga lontano anni luce da quella a
cui sono
abituati gli utenti oltreoceano, dove gli “utenti” sono “clienti” per i
quali
le banche concorrono offrendo trattamenti migliori. Dopotutto, senza i
loro
soldi le banche non avrebbero la materia prima che serve loro per fare
i
profitti, un dettaglio che sembra sfuggire alla logica del rapporto fra
le
banche italiane e i loro clienti. Ma torniamo all’aneddoto. Un paio di
anni fa
sono stata borseggiata su un mezzo pubblico di Torino, ossia il mio
portafoglio
è stato sottratto con arte dalla mia borsa. Ero appena tornata
dagli Stati
Uniti e quindi il mio portafoglio era particolarmente gonfio di
documenti: patente
di guida statunitense e italiana, carta d’identità, carte di
credito, bancomat
del mio conto Usa e anche di quello italiano.
Appena mi accorgo dell’accaduto corro a casa per fare le varie
telefonate di
denuncia. Innanzitutto telefono per bloccare tutte le carte. Mentre
blocco la
carta italiana, che è quella che mi serviva di più,
ordino, o tento di ordinare
una carta nuova. Impossibile. Devo andare in banca di persona. Ma prima
devo
andare dai carabinieri o dalla polizia per fare la denuncia e poi
andare alla
mia banca, e non a qualunque filiale della mia banca, ma alla banca
dove
risiede il mio conto. Vale a dire che se mi trovavo in Sicilia o
all’estero non
avrei potuto fare niente fino al mio rientro. Quindi faccio la
denuncia. La
porto alla mia banca e mi assicurano che entro tre settimane mi
arriverà il
nuovo Pin per posta, attesa che trovo già poco rassicurante.
Quando mi arriva
il Pin, devo tornare di nuovo fisicamente in banca per ritirare la
carta nuova.
In verità, il Pin non ha messo tre settimane ad arrivare, ma
nove, dopo
ripetute richieste fatte sempre recandomi personalmente in banca.
Tornando al giorno del furto, quando, invece, telefono alla banca
americana per
bloccare la carta, mi chiedono dove devono spedire la carta nuova. Io
gli dico
di spedirlo al mio indirizzo in Italia e loro mi rispondono che
sarà spedito
subito. Non c’è bisogno del Pin. Il Pin te lo crei tu. Il giorno
dopo mi
suonano alla porta. E’ la Fedex. Mi consegnano la mia carta nuova.
Aspettavo di
riceverla per posta dopo una settimana o dieci giorni. Invece il giorno
dopo
eccolo lì “Overnight Delivery” e “no charge”. Già le
banche americane capiscono
che un cliente non può stare senza carta e quindi senza accesso
al proprio
denaro. Questo concetto le banche italiane devono ancora capirlo.
Potrei anche
raccontarvi come ho avuto il duplicato della patente americana in due
settimane, giusto il giro di posta, e che per quella italiana, invece,
ho
dovuto aspettare tre mesi. Ma questo riguarda la pubblica
amministrazione.
Tornando alle banche, ogni volta che devo fare un’operazione allo
sportello in
Italia so quando entro, ma non so mai quando potrò uscire. Anche
se c’è poca
gente, c’è sempre qualche sportello chiuso o non operativo. E
meno male che
adesso ci sono le code centralizzate, così chi arriva prima
è servito prima.
Quando avevo suggerito le code centralizzate alla mia banca vent’anni
fa, mi
avevano guardato come se provenissi da un'altro pianeta. In effetti!
Ogni mese
dalla mia banca americana ricevo l’estratto conto al mio indirizzo in
Italia.
Costo: zero. L’emissione delle carte di credito. Costo: zero. Gli
assegni, i
movimenti, le operazioni. Costo: zero. Operazioni on-line. Costo: zero.
Per il
mio conto corrente in Italia, non vi devo spiegare e neanche posso
spiegarvi
tutte le spese che pago perché neanche le capisco. Finché
mettono: “spedizione
estratto conto” e “imposte di bollo su conto corrente”, insomma, non mi
va
bene, ma lo capisco. Ma quando mettono “competenze maturate”, che roba
è?
Editors interested in subscribing to this syndicated column may request information by sending an e-mail to:
giogia@giogia.com Ritornare alla lista