Italian Perspectives                                                              
by Sandra Giovanna Giacomazzi 

L’Opinione delle Libertà, Edizione 136 del 28-06-2007

Islam e libertà di espressione

Rushdie, il nobile condannato

di Sandra Giovanna Giacomazzi

Quando Salman Rushdie ha saputo che la Regina Elisabetta aveva deciso di conferirgli il titolo di “knighthood”, Rushdie si è dichiarato umilmente entusiasta di ricevere l’onorificenza. Ciò gli permetterà di sostituire il titolo di “Mr. ” con quello di “Sir”, cosa da non poco in un Paese dove i titoli di dottore, avvocato, ingegnere e chi più ne ha più ne metta, sono sostituiti con il più diffuso e democratico Mr.

Per molti questo è un onore per il quale Rushdie ha aspettato già tanto. Per altri, rappresenta un insulto aggiunto all'ingiuria. La notizia ha subito scatenato proteste in Pakistan e in Iran. Un ministro del governo pakistano ha dichiarato che un attacco suicida sarebbe una risposta giustificata e il presidente del parlamento dell’Iran ha proclamato che la decisione della Regina era un atto imprudente e vergognoso. Le proteste si stanno diffondendo in tutto il mondo islamico e anche fra le popolazioni musulmane in Occidente.

Purtroppo questo è solo l'ultimo capitolo di una triste saga che cominciò con la pubblicazione del romanzo di Rushdie, “I versetti satanici” nel 1988. Appena arrivato sugli scaffali delle librerie, molti Paesi musulmani lo censurarono ritenendolo blasfemo, contro il Corano e contro il profeta Maometto e l'Ayatollah Khomeini ordinò una fatwa per l'uccisione dell’autore. Il passaggio del libro incriminato fu di poche righe: una descrizione del profeta e i suoi seguaci, considerato blasfemo dagli estremisti islamici. Pur avendo frequentato una scuola cattolica a Bombay e una scuola pubblica britannica, Rushdie era cresciuto come musulmano. Non lo aveva inteso né come insulto né come provocazione.

Prima ancora della fatwa, quando iniziarono i primi subbugli, Rushdie espresse il suo rammarico per le controversie provocate dal suo scritto. “Credo che, ironicamente, una delle cose più tristi di tutta questa storia è che, in verità, il libro avrebbe potuto fare qualcosa per introdurre i lettori occidentali, non solo ai dettagli letterali della vita del profeta, ma allo spirito di una cultura diversa e a un modo diverso di guardare le cose. Invece le persone che si oppongono contro il libro stanno rafforzando gli stereotipi peggiori sull'Islam”. Subito dopo la fatwa fu posta una taglia sulla sua testa e Rushdie fu obbligato a nascondersi, con guardie che lo circondavano 24 ore su 24. Durante questo periodo il traduttore giapponese dei “Versetti” fu accoltellato a morte, i traduttori italiani e norvegesi furono attaccati, e in Turchia fu dato fuoco a un albergo, causando la morte di 37 persone.

 Nel 1992, Rusdie commentò le difficoltà di una vita vissuta correndo da un nascondiglio ad un altro. “Ho dovuto imparare nuove tecniche per scrivere. Sono sempre stato uno scrittore molto conservatore.  Avevo bisogno di sedermi in un luogo particolare, su una poltrona particolare, ad una scrivania particolare ed essere circondato dalla mie solite cose. Questo è un lusso che non posso più permettermi. Ho dovuto imparare a scrivere scappando senza una dimora fissa”. Salman Rushdie visse in questa maniera fino al 1998 quando l'Iran, cercando di ristabilire rapporti diplomatici con la Gran Bretagna, promise di ritirare il suo appoggio alla sentenza di morte (ma mantenne la fatwa, ndr) .

Alcuni mettono in questione l'opportunità della sua nomina. Da anni oramai la “birthday list”, la lista delle onorificenze conferite ogni anno in occasione della festa del compleanno della regina, non è più compilata dalla regina ma da una commissione di persone proveniente dal mondo artistico che propongono i candidati. Secondo loro la convenienza politica non è stata neanche considerata.

Ma la vicenda non è priva di ripercussioni politiche anche per quanto riguarda la politica interna britannica.  Alcuni commenti dall’Iran insinuano che sia un atto voluto da Blair, un'ultima sparata ai musulmani prima della sua partenza. E’ vero che prima di arrivare alla regina, la lista deve passare per le mani del primo ministro per il suo timbro di approvazione. Ma anche se il governo poteva anche prevedere le ripercussioni, la situazione per Blair era un classico “damned if you do and damned if you don't. (Dannato se lo fai, dannato se non lo fa. ) Avendo accettato la nomina di Rushdie viene accusato di essere provocatorio. Ma se l'avesse rifiutato per non dare fastidio ad Islamabad e a Teheran, sarebbe stato accusato di essere pusillanime e di aver commesso un atto di appeasement.


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