Italian Perspectives                                                              
by Sandra Giovanna Giacomazzi 

Overseas Perspectives, 24 settembre 2008

Gli Usa rovesciano 75 anni di storia bancaria
 
La fine delle banche d’investimento
 
di Sandra Giovanna Giacomazzi
 
Questa settimana ha portato alla fine un’istituzione particolarmente americana, ossia le banche d’investimento indipendenti.  Sei mesi fa, ce n’erano cinque:  Bear Stearns, Lehman Brothers, Merrill Lynch, Morgan Stanley e Goldman Sachs. Per  prima è scomparsa la Bear Stearns: prima la banca centrale statunitense, la Federal Riserve, ha cercato di salvarla con un prestito, ma poi è stata “comprata” da J.P. Morgan Chase, per non dire regalata.  E fino alla settimana scorsa erano rimaste in quattro.  Poi Lehman Brothers è fallita e la Bank of America ha comprato Merrill Lynch.  Adesso non ce ne sono più.  All’inizio della settimana, la “Fed” ha dato la sua benedizione alla richiesta di Morgan Stanley e Goldman Sachs di cambiare status diventando delle holding bancarie.
 
La vera natura di un investment bank, che è quella di tenersi lontana dagli affari quotidiani dei risparmiatori, è un mistero per molti.   .  Quando le persone pensano ad una banca, pensano a dove possono depositare il denaro, fare assegni, chiedere un prestito o ritirare i propri soldi col Bancomat.  Quello è il pane quotidiano di una banca commerciale.  Una “investment bank”, invece, è una banca che aiuta le aziende a quotarsi in borsa, a creare dei titoli o delle obbligazioni, e a trovare clienti che li vogliono comprare. 
 
Prima del 1933, era legale per le banche americane poter adempiere ad entrambe le funzioni:  accettavano depositi, facevano prestiti e potevano anche creare e vendere titoli e obbligazioni.  Però, quando il sistema finanziario ha subito il collasso della Grande Depressione, una teoria molto diffusa dava la colpa della crisi a queste banche “combinate”.  L’idea era che queste cosiddette “banche universali” potevano rifilare cattivi titoli e obbligazioni ai loro clienti inconsapevoli che tenevano i conti correnti e risparmi nelle suddette banche.  Ne sappiamo qualcosa in Italia con ciò che è successo con i titoli della Parmalat.  
 
La teoria si rivelò poi sbagliata.  Tutti gli studi accademici hanno concluso che le banche combinate erano, in verità, più sicure.  Ma nella miseria generale di quegli anni i legislatori hanno  agito per separare gli investimenti dai risparmi.  Molti nel Congresso di allora, il Senatore Carter Glass e il deputato Henry Steagull in modo particolare, pensavano che fossero necessarie misure più severe.  Quindi nel 1933, passò il Glass-Steagall Act, che mise al bando le banche universali.  Da quel momento in poi, non era più possibile per una singola istituzione condurre operazioni di routine quotidiana e nel contempo creare e vendere titoli e obbligazioni.  Le banche non furono per niente contente, ma ottennero delle garanzie dallo Stato.  In cambio di regole più restrittive, è nata l’assicurazione FDIC (Federal Deposit Insurance Corporation) sui depositi.  Le banche d’investimento mantennero molto più libertà, ma nessuna garanzia.
 
Per la maggior parte dell’ultimo secolo queste banche ad alto rischio hanno prosperato.  In fatti, quando il Glass-Steagall fu abrogato nel 1999, le banche d’investimento hanno protestato.  Non volevano la concorrenza delle banche commerciali e non volevano fare dei merger.  Questa settimana tutto ciò è cambiato.  Stiamo tornando alla realtà bancaria degli anni venti.  Rovesciare 75 anni di storia bancaria in una settimana è doloroso, si spera solo che sia anche utile a creare fiducia e a rilanciare il mercato del credito. 


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