Italian
Perspectives
by Sandra Giovanna
Giacomazzi
L’Opinione delle Libertà, Edizione 232 del 30-10-2008
Usa, i democratici mirano a una
maggioranza parlamentare schiacciante
Se il Congresso diventa “blu”
di Sandra Giovanna Giacomazzi
Da più un anno si parla solo delle elezioni presidenziali degli
Stati Uniti. Molti ignorano o si dimenticano il fatto che il 4 novembre
verranno eletti anche l’intera House of Representatives e un terzo del
Senato. Si aspetta un anno particolarmente buio per i Repubblicani
nelle due camere. Attendono non solo perdite a doppie cifre nella House
e una manciata nel Senato, ma fra i possibili perdenti ci sono alcuni
dei loro membri più prominenti, più potenti, più
strategicamente piazzati e di più lunga data.
L’operazione del Partito Repubblicano è stato impedito da molti
fattori fra cui: l’impopolarità del Presidente Bush, lo stato
tumultuoso dell’economia, e anche dal fatto che nella House cinque
volte più Repubblicani che Democratici hanno deciso di non
ripresentare la loro candidatura. Normalmente un candidato già
in carica ha qualche vantaggio in più ad essere rieletto. Ma il
fatto che quest’anno saranno di meno a ripresentarsi, più le
condizioni sfavorevoli in generale, hanno cospirato per mettere in
pericolo candidati considerati solidi e sicuri. E con il prezzo della
benzina che scende, hanno anche perso uno dei pochi argomenti che aveva
dato energia alla loro base – l’indipendenza energetica.
Le cose potrebbero essere ancora peggio nella camera alta, dove si
parla di un possibile, anche se remoto, “filibuster-proof” Senato,
termine che vuole dire “a prova di ostruzionismo”. Significa che con
una maggioranza dei tre quinti, i dibatti possono essere sospesi per
passare alla votazione. Per i Democratici sarebbe un sogno se
riuscissero a piazzare Obama alla Casa Bianca con un magico 60 nel
Senato. Secondo il Rothenberg Political Report, sette stati risultano
come probabili per un cambiamento di partito – tutti sette sono
occupati da Repubblicani. Tre di questi, Colorado, New Mexico e Virgina
sono aperti perché i senatori andranno in pensione.
Charles Schumer, il presidente della Commissione Nazionale dei Senatori
Democratici, immagina uno scenario a lungo termine. Paragona il
“cambiamento” delle elezioni di quest’anno all’elezione di Franklin
Delano Roosevelt che ha portato i Democratici al governo per due
generazioni o a quella di Ronald Reagan nel 1980 che ha portato una
generazione di Repubblicani.
Secondo Larry Sabato, direttore del Centro per la Politica
all’Università di Virginia, i Repubblicani avranno un paio
d’anni per stare in panchina e ripensare la loro strategia. Ma a suo
parere, se Obama dovesse vincere la Casa Bianca, i Repubblicani
potrebbero anche trarre qualche vantaggio. Tutto ciò che
succederà nella nazione e sulla scena internazionale
“apparterrà” ai Democratici, inclusi gli sviluppi negativi. Non
proprio un “tanto peggio, tanto meglio” quanto una chiarezza riguardo
ai meriti e alle colpevolezze senza scuse di compromessi.
Se è vero che il sistema presidenziale non pretende che il
partito del presidente abbia una maggioranza nel Congresso, è
altrettanto vero che la facilità di agire di chiunque venga
eletto dipenderà anche da chi verrà eletto nelle due
camere e se il nuovo presidente vi troverà un appoggio su cui
contare e se dovrà venire a compromessi. E’ chiaro che un nuovo
presidente preferirebbe avere il Congresso dalla sua parte per aver
più facilità di agire. Se vince McCain non sarà
così fortunato. Se vince Obama, i Democratici hanno più
di qualche speranza di poter agire come vogliono. Tuttavia, la
“cohabitation” come dicono i francesi non è necessariamente una
condizione negativa. Pur rallentando le ambizioni del governo non
produce l’ingovernabilità e nella storia degli Stati Uniti
è stata piuttosto la regola che l’eccezione.
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