L’Opinione delle Libertà, Edizione 178 del 23-08-2007
Il boom economico statunitense cambia
i connotati della società e le sue
abitudini
Il popolo dei
miliardari
di Sandra Giovanna Giacomazzi
Nell’ultimo
decennio c’è stato un vero boom di ricchezza negli Stati Uniti:
il numero di
miliardari è raddoppiato. Mai nella storia del capitalismo
americano è stato
così facile per tante persone diventare così ricche in
così poco tempo. Questa
facilità è il risultato della sinergia di tre fattori: la
globalizzazione che
ha creato giganteschi mercati nuovi, l’esplosione in misura e in
sofisticazione
dei mercati finanziari e la crescita tecnologica esponenziale. Il
fenomeno ha
ispirato Robert Frank a scrivere un libro basato sulla sua ricerca al
riguardo.
Frank è
un’opinionista per il “Wall Street Journal” dove scrive una colonna
settimanale
e tiene un blog giornaliero che si intitolano, appunto, “The Wealth
Report”, il
“Bollettino della Ricchezza”. Il titolo del suo libro invece è
“Richistan: A
Journey through the American Wealth Boom and the Lives of the New
Rich”,
“Riccostan: un viaggio attraverso il boom di richezza americana e la
vita dei
nuovi ricchi”. L’autore divide il mondo che lui chiama “Riccostan” in
tre paesi
distinti: Riccostan Basso con persone che posseggono da $1 a 10
milioni,
Riccostan Medio, dove posseggono da $10 a $100 milioni e Riccostan
Alto, per
persone che posseggono più di $100 milioni. Ogni uno con i suoi
problemi e il
suo mondo di frequentazioni.
Uno
dei problemi
che hanno questi nuovi ricchi è come fare a passare tutta questa
ricchezza ai
propri figli senza dilapidarla. Secondo uno studio fatto dall’Istituto
di
Ricerca di Welfare Sociale di Boston College, fra 2002 e 2052
più di $30
trilioni saranno passati ai figli dei miliardari e triliardari
americani. Il
problema è talmente diffuso e sentito che c’è
un’esplosione di “colonie estive”
per i figli dei ricchi. Più che colonie sono dei corsi dove
dovrebbero imparare
a non sperperare la ricchezza che sarà presto nelle loro mani.
Gli iscritti
hanno già ben più di una ventina d’anni. Imparano i
meccanismi per comprare e
vendere azioni in borsa, a risparmiare sulle imposte investendo nei
bond
municipali e come investire nei mercati emergenti. Ma studiano anche
delle
“life skills” o abilità per vivere: come pagare le proprie carte
di credito o
cercarsi un lavoro. Negli Stati Uniti a venticinque anni la maggior
parte dei
loro coetanei ha già imparato ad essere almeno parzialmente
autosufficiente.
Acquistano anche la conoscenza di discorsi convincenti per persuadere
un futuro
marito o moglie a firmare un accordo prematrimoniale!
Quando a un genitore è stato chiesto come mai sentiva il bisogno
di mandare sua
figlia ad una di queste colonie, ha risposto: “Due parole: Paris
Hilton”. I
ricchi americani del passato avevano l’abitudine di trasmettere i
valori del
risparmio, della responsabilità e il senso di comunità ai
loro figli insieme ai
propri soldi. C’era anche una tradizione molto forte di filantropia.
Una grossa
fetta della loro ricchezza non era neppure destinata ai figli, ma alla
costruzione di biblioteche, musei, università o centri di
ricerca medica o
scientifica. I ricchi d’oggi non hanno trasmesso questi valori e
destinano
almeno 75% della loro ricchezza ai propri figli. Naturalmente non si
può
pretendere di mandare i figli ad un campo estivo per qualche giorno,
specialmente quando hanno già più di vent’anni, e
trasmettergli valori che
avrebbero dovuto imparare nel quotidiano mentre crescevano.
L’impressione che
ha avuto Frank, che ha visitato uno di questi campi, è che la
maggior parte di
questi figli dei ricchi perderà la ricchezza ereditata e che il
denaro finirà
nelle mani di persone che lo guadagnano. “Le superstar dell’economia di
domani
verranno dalle classi medie che lavorano, com’è sempre stato
nella storia degli
Stati Uniti”.
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