Referendum American Style (Ragion Politica, 8 luglio 2005)
Non c’è alcun dubbio: i risultati della partecipazione al referendum sulla fecondazione assistita hanno confermato il trend negativo dell’elettorato italiano verso questo metodo di democrazia diretta. Ancora alcune settimane dopo il referendum, oltre ad interrogarsi sui sentimenti morali degli italiani verso i quattro quesiti, alcuni analisti mettono in questione il metodo di conduzione del referendum. C’è chi vorrebbe alzare il numero di firme da raccogliere da 500.000 a un milione o più. C’è chi vorrebbe eliminare il quorum. E c’è anche chi mette in questione l’utilità della democrazia diretta nelle democrazie rappresentative.
Prima di buttare il bambino insieme all’acqua sporca, diamo un’occhiata a come funziona la democrazia diretta in quel Paese che per tanti rappresenta la democrazia per eccellenza. Negli Stati Uniti ci sono quattro tipi di referendum: quello propositivo, quello confermativo, quello abrogativo e quello consultivo.
Nel referendum propositivo (direct iniziative) sono i cittadini a proporre,
scrivere, articolare e metterla sulla scheda elettorale. Poi, se
una maggioranza semplice vota di sì, la proposta diventa legge senza
passare per le mani dei legislatori.
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Nel referendum confermativo (indirect iniziative) sono i legislatori
che propongano, scrivano e articolano la legge. Però, anziché
procedere a votare e approvare la legge, la mettono sulla scheda elettorale
e la danno in mano ai cittadini. Come nel primo caso, se la maggioranza
dei votanti l’approva, diventa legge senza tornare al parlamento.
Nel referendum abrogativo (popular referendum) una legge esistente è messa sulla scheda e se la maggioranza dei partecipanti al voto approva, la legge viene abrogata, sempre senza ripassare al potere legislativo.
L’ultimo tipo di referendum, quello consultivo (advisory referendum) non ha potere vincolante. E’ una specie di sondaggio, solo che, anziché essere condotto da un’agenzia di ricerche di mercato, sono i governanti che decidono di tastare i sentimenti dei cittadini riguardo a certi argomenti e proposte.
Bisogna precisare che, essendo uno Stato federale, ogni stato decide
se e quali referendum adoperare. Ci sono diciannove stati che utilizzano
il referendum propositivo, ubicati soprattutto nell’ovest. Degli
otto stati che adottano il referendum confermativo, cinque usano anche
quello propositivo. Ventiquattro stati hanno il referendum abrogativo
e quasi tutti adoperano quello consultivo. Naturalmente questo vuol
dire che le leggi messe a referendum sono leggi locali di ogni singolo
stato e non leggi federali (dell’intera nazione).
Altre due importantissime differenze sono la frequenza e la modalità.
Gli americani non tollerano che si sprechi né il loro tempo né
il loro denaro. Hanno una forte coscienza del fatto che i soldi
pubblici sono soldi loro, frutto dei loro contributi in forma di tasse.
Negli Stati Uniti le elezioni locali e statali (quelle che noi chiamamo
amministrative), quelle nazionali (che noi chiamiamo politiche) e quelle
referendarie si svolgono non solo nello stesso giorno, ma sulla stessa
scheda! Troppe cose da votare in una volta sola? Macche!
Qualche mese prima della giornata del voto tutto il corpo elettorale riceve
un opuscolo e facsimile di scheda dove sono indicati tutti i candidati
e dove sono spiegati tutti i quesiti dei referendum. Quindi i votanti possono
studiarlo molto prima e portarselo con sé quando si recano alle
urne.
Tornando all’Italia, non potrebbe essere che il calo della partecipazione ai referendum sia dovuto non solo ai contenuti ma anche al fatto che gli italiani si sono stufati di doversi recare alle urne in momenti diversi per ogni singola elezione: comunali, provinciali, regionali, nazionali, europee e poi i referendum? Non sarà che anche loro si rendano conto dei costi spropositati pagati con i loro contributi, soldi che potrebbero essere spesi in maniera ben più produttiva?
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