L’Opinione delle Libertà, Edizione 106 del 17-05-2006
Le
promesse dei presidenti di tutti
di Sandra Giovanna Giacomazzi
Va di moda in questi giorni fra i vari presidenti candidati e incaricati dire: “Sarò il presidente di tutti”. Ciò che dovrebbe essere scontato per dovere istituzionale viene promesso come nella migliore tradizione levantina. Questa necessità di offrire assicurazioni di rappresentanza deve essere nata dopo la presidenza di Oscar Luigi Scalfaro, durante il cui mandato, fra il suo “non ci sto”, i suoi consigli paterni a Bossi di abbandonare Berlusconi, il suo prolungamento eterno del governo “Dinissimo” e la sua ostinazione a prevenire un ritorno alle urne, ha rovesciato sia lo spirito sia la lettera della Costituzione. Quella stessa Costituzione di cui ora lui è il presidente del comitato per la difesa!
Ma come potrebbero, il
popolo o i deputati e
i senatori del centrodestra, sentirsi rappresentati da due ex
sindacalisti che,
nel nome del “diritto” al lavoro, hanno speso la forza delle loro vite
a
cercare di sconfiggere chi creava il lavoro? Come possiamo sentirci
rappresentati da un presidente della Camera che, regalando un forte e
sincero
abbraccio di amicizia e un sorriso smagliante all’antiamericano
viscerale
presidente venezuelano Chavez, ci ha fatto raggelare il sangue? Come
possiamo
sentirci rappresentati da persone che hanno avuto torto marcio su tutte
le
lezioni di storia dell’ultimo secolo, che hanno speso le loro vite a
vendere
l’inferno come paradiso, avendo avuto un ruolo di complicità
nella sofferenza
di milioni di persone? Come potremmo fidarci di persone che esultarono
quando i
sovietici arrivarono in Ungheria e poi a Praga? O persone che
inorridirono, ma
per convenienza hanno taciuto? Difficile decidere quale sia peggiore.
Per non
parlare di Cuba, Cambogia e le tante altre innumerevoli tragedie umane
che
furono vittime della loro altisonante ideologia.
Dicono che sia assurdo parlare di comunismo quindici anni dopo la sua
caduta
nel 1989, e pretendono di essere assolti per peccati che non hanno mai
confessato. Giordano Bruno Guerri ha detto giusto quando ha dato ad
intendere
che gli unici ex comunisti che potrebbero mai rappresentarci, sono
quelli che
se ne sono usciti nel ‘56, quando non era conveniente farlo, anzi
quando ad uscirne
c’era un altissimo prezzo da pagare; persone come Piero Melograni o
Ruggero
Guarini per essere chiari. Neanche Massimo Caprara si considererebbe
all¹altezza di rappresentarci poiché colpevole di aver
aspettato fino
all'invasione della Cecoslovacchia nel 1968 a lamentarsi e farsi
cacciare dal
PCI, come ci ha rivelato in una confessione struggente pubblicata pochi
giorni
fa su queste stesse pagine.
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