Italian Perspectives                                                              
by Sandra Giovanna Giacomazzi 

L’Opinione delle Libertà, Edizione 154 del 14-07-2006

Il decreto di Pierluigi Bersani nasconde intenti punitivi verso le categorie coinvolte

La proletarizzazione governativa dei taxi driver prescinde dagli interessi del cittadino-consumatore

di Sandra Giovanna Giacomazzi

Negli anni settanta Francesco lavorava come impiegato alla Fiat. In quei tempi con un impiego così ci si considerava “sistemati”. Il posto fisso alla Fiat era quasi meglio di un impiego statale. Invece Francesco è stato sfortunato, vittima di uno dei primi ridimensionamenti della Fiat compiuto da Cesare Romiti. Con una piccola buon’uscita, un po’ di risparmi e un prestito dalla banca, garantito dallo stipendio della moglie, Francesco ha tirato su le maniche e ha comprato una licenza per aprire un negozio. Per qualche anno le cose sono andate abbastanza bene, ma poi non più. Solo che quando ha deciso di chiudere il negozio, avevano già liberalizzato le licenze e quindi quella che lui aveva pagato cara ormai non valeva più niente. Doveva di nuovo tirarsi su le maniche e inventarsi ancora una volta un nuovo mestiere.

Con molta fatica è riuscito ad ottenere un altro prestito e ha comprato una licenza per fare il tassista. Nonostante gli orari balordi, l’ernia al disco, le strade devastate per le preparazioni delle Olimpiadi, e il cattivo respirare per il gas di scarico, era contento del suo lavoro. Immaginare, quindi, come si sarà sentito quando il nuovo governo Prodi ha deciso di “liberalizzare” il mercato dei taxi, rendendo la sua licenza comprata con sudore e sacrifici un pezzo di carta privo di qualsiasi valore commerciale. La storia di Francesco può sembrare particolarmente disgraziata, ma di storie come le sue ce ne sono tante. Si vede che Prodi non ha un parente, un conoscente tassista e che ormai da anni non ne piglia più, passando dalla bici alle macchine blu, perché se non lo capisce di intuito, basta fare due chiacchiere con qualche tassista per capire che non è una categoria privilegiata da punire.

Adesso si sono messi d’accordo, ma non credo che i tanti Franceschi possono fare dei sogni tranquilli per il loro futuro. Il governo avrà fatto loro delle promesse da marinaio per traghettare l’estate per andare in vacanza tranquilli anche loro sapendo che i turisti non dovranno trascinare le loro valigie a mano dall’aeroporto all’albergo nelle nostre città d’arte. I nostri lupi non hanno perso né pelo né vizio. Ha ragione Francesco Forte quando scrive che non c’è niente di liberale nella misura di Bersani, che è una “misura di proletarizzazione dei taxi”, un attentato “al diritto di proprietà della piccola impresa personale”, un travestimento del lupo illiberale in agnello liberista “per carpire la buona fede di liberisti e liberali veri e ottenere il consenso di liberisti illiberali e falsi liberali” distruggendo così il modello della piccola impresa e sostituendola con la “massificazione”.

Infatti, leggendo i tanti editoriali sull’argomento, molti liberali ci sono cascati. Persino Antonio Polito cerca di convincerci della “portata rivoluzionaria” del decreto di Bersani che avrebbe a cuore il “cittadino-consumatore”. Dobbiamo confessare che ci convincevano di più i suoi editoriali da direttore del “Riformista” che quelli da parlamentare.


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