Diario Extracomunitario / Preghiera alla bandiera (L'Opinione, 16 maggio 2003)
Un giorno durante il recente conflitto in Iraq, i miei studenti mi hanno detto che non capivano come mai gli americani fossero così patriottici. Lo strano era che me l’avevessero chiesto proprio quel giorno lì, perché vedendo le immagini di guerra di quei giorni, ero rimasta talmente orgogliosa dei nostri soldati e di come stavano conducendo la guerra che quella stessa mattina mi ero svegliata con la “Pledge of Allegiance” in testa. E qui bisognerebbe precisare che anche io ero una ragazza ribelle nella mia gioventù e non mi piaceva stare lì con la mano sul cuore a recitare questa specie di preghiera alla bandiera. Ma quella mattina la ripetevo come un rosario. E mentre camminavo sotto i portici di Piazza Statuto per recarmi a scuola, l’ho recitato ad alta voce anche se sotto voce: “I pledge allegiance to the flag of the United States of America, impegno la mia lealtà alla bandiera degli Stati Uniti d’America, and to the Republic for which it stands, e alla Repubblica che rappresenta, one Nation under God, una nazione sotto Dio”.
Era questa la parte che aveva sempre urtato la mia sensibilità
laica, ma quella mattina con un largo agitare di braccia infischiandomi
totalmente di chiunque mi potesse sentire o guardare ho aggiunto, “Ma sì,
mettiamoci anche questo Dio,” e poi ho continuato, “indivisibile, with
liberty and justice for all, indivisibile, con libertà e giustizia
per tutti”. E non era l’unica volta durante la guerra che invocavo il Dio
in cui non credo. Qualche giorno dopo l’inizio del conflitto, quando è
cominciato a fare caldo e quando sono iniziate le tempeste di sabbia, mi
sono trovata a dire, “Dio, se esisti, per favore fai tornare il freddo”.
Non so se dare il credito a Dio o alla mia volontà che i soldati
potessero fare il loro lavoro nelle migliori condizioni possibili. Fatto
sta che il giorno dopo il freddo è tornato.
giogia@giogia.com Ritornare alla lista