Italian Perspectives                                                              
by Sandra Giovanna Giacomazzi 

L’Opinione delle Libertà, Edizione 1 del 03-01-2007

Le parole del politologo Giovanni Sartori a proposito del patibolo per Saddam

Il pianto europeo sulla pena di morte

di Sandra Giovanna Giacomazzi

Di tutti i fiumi di parole che scorrono sulle prime pagine dei giornali italiani a proposito della moralità o opportunità dell’esecuzione della pena di morte di Saddam Hussein appena compiuta, le parole che più ci convincono sono quelle che sono state pronunciate due mesi fa subito dopo la prima condanna e prima del processo d’appello che ha confermato la pena, quando le discussioni si erano già accese. Le parole sono quelle pronunciate inaspettatamente dal professore e politologo Giovanni Sartori in un’intervista sulla trasmissione radiofonica Baobab di Radiouno. Sartori trovava sorprendente “questo pianto europeo sulla pena di morte a Saddam Hussein”. In un’Europa che non è mai unita su niente, lo diventava per salvare la vita ad un dittatore sanguinario! Paragonando Saddam Hussein a Hitler, il professor Sartori notava che “se il dittatore nazista non si fosse ucciso, a Norimberga lo avrebbero giustamente condannato a morte come gli altri”. Per Sartori tutta l’agitazione dell’Europa intorno alla condanna di Saddam era “un po’ ridicola, o comunque poco seria”. Il dogma unificante del no all’esecuzione capitale non era altro che “una bella figura a buon mercato”.

Durante l’intervista il professore ricordava il relativismo culturale divampante che predica come l’Occidente dovrebbe rispettare l’Islam ed evitare di intromettersi nelle leggi di civiltà diverse dalle nostre. “E poi si erge a difendere il diritto dei tiranni a sentenze giuste? Se il nuovo Stato iracheno avesse risparmiato la vita ad un dittatore responsabile della morte di centinaia di migliaia di persone, si sarebbe screditato nel mondo arabo, dove la pena di morte è coranicamente ammessa e praticata, fino ad autorizzare la lapidazione di povere donne che non hanno mai fatto del male a nessuno”. Sartori non vedeva che altra pena avrebbero potuto comminargli. “Saddam è stato un macellaio tra i più crudeli di questa fine secolo, uno sterminatore. Se l’ordinamento giuridico prevede la pena capitale, e quello iracheno, come in pressoché tutti Paesi islamici, la prevede, non capisco perché non giustiziare Saddam”.

Naturalmente c’erano ragioni morali, e sono queste sulle quali gli Europei basano i loro principi e i loro discorsi. Ma Sartori ricordava come in questo, gli Europei sono in forte minoranza. “Gli Stati Uniti, che sono la più antica delle nostre democrazie, prevedono la pena di morte, come la Russia, la Cina, e molti Stati africani e asiatici”. Il fatto che in questo l’Europa si senta diversa, migliore, rappresenta “uno scatto di presunzione, e anche un riflesso anti-americano, la scusa per poter dire ‘questi barbari di americani che ancora condannano a morte’”. Pur ammettendo di essere stato anche lui corrotto dal conformismo intellettuale europeo e quindi in principio non a favore della condanna capitale, valutava la protesta in difesa di Saddam uno “scegliere l’occasione sbaliata sulla persona sbagliata”. Puntava il dito contro un principio secondo il quale i colpevoli vanno difesi, principio che può essere riassunto nel nome stesso dell’associazione “Nessuno tocchi Caino”, che pur calzando alla perfezione il caso di Saddam, Sartori giudicava reclamistico.


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