Italian Perspectives                                     
by Sandra Giovanna Giacomazzi 


Perdono per il Condono, (L'Opinione, 20 dicembre 2002)

“Perdonami Padre Stato, sono 10 anni dal ultimo Tuo condono e questi sono i miei peccati:  non ho pagato le tasse.”  Da quando osservo la commedia della vita quotidiana italiana, questa liturgia ciclica e confessionale del condono e contrizione tributaria mi è sempre sembrato un’applicazione laica del rito cattolico del peccato-pentimento-perdono-penitenza e poi via di nuovo allegramente a peccare.  Non so perché si stia facendo tanto rumore per la ripetizione del solito rituale, anzi, sì che lo so:  Padre Stato questa volta si chiama Berlusconi, e a lui non si può neanche perdonare il perdono.

Invece non c’entrano i riti cattolici con l’evasione.  È piuttosto questione di sopravvivenza, d’autodifesa contro uno stato che pretende di strozzarti.  Le leggi tributarie sono come le leggi stradali.  Se segui le cartelle alla lettera, potresti non tornare mai a casa.  Se paghi le tasse a dovere, potresti restare senza soldi per mangiare.  Per illustrarvi perché non si potrebbe né si dovrebbe pagare tutte le tasse in Italia vi racconto una favola vera a fine infelice ma informativa.

C’era una volta una piccola agenzia pubblicitaria, che andava forte nel suo piccolo e che aveva come socia una certa americana.  Agli inizi degli anni novanta è stata colpita, come tante altre aziende italiane, dalla “crisi”, dalla recessione, dalla svalutazione della lira.  Purtroppo, vivendo in Piemonte, e avendo un portafoglio di clienti piemontesi, lo sforzo per sopravvivere è stato non solo inutile ma catastrofico.

I piemontesi non sono come i commercianti milanesi.  Non vedono la pubblicità come “l’anima del commercio”, ma come “fumo negli occhi.”  E questo già in tempi buoni, figuriamoci in tempi burrascosi.  Qualunque scusa gli dai per stringere la cinghia, e loro stringono.  Ed i clienti proprietari d’azienda hanno le loro squadre di manager “protettori” che cantano solo ciò che loro vogliono sentire.  E così al nostro “È il momento di investire”, è prevalso il “Risparmiuma, risparmiuma!” dei “Yes Men”. Musica alle loro orecchie!

Avremmo dovuto metterla subito in liquidazione.  Ma eravamo giovani e fiduciosi che i tempi sarebbero migliorati.  Solo che nel frattempo c’era da anticipare le tasse, basate sul guadagno “previsto” che viene calcolato ciecamente guardando all’anno precedente, che per noi era stato quello più prospero.  Però era una previsione irreale, anzi allucinogena, visto che si sapeva che avremmo avuto solo perdite.  Però la legge è la legge, specialmente per chi fattura ad altre aziende e non ha scampo.  Abbiamo dovuto pagare, abbiamo pagato, e abbiamo chiuso.

Noi almeno avevamo pochi dipendenti sulla coscienza, tutti che sono stati poi sistemati meglio di noi.  Ma il punto è che non si può condannare Berlusconi per l’ennesimo condono a favore di persone che si sono saputi salvare dallo stato strozzatore.  Se mai ciò che si può “non perdonare” è la lentezza con la quale sta facendo le riforme per rendere le leggi rispettabili e le tasse pagabili, senza che siano atti d’auto immolazione.



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