Italian Perspectives                                                              
by Sandra Giovanna Giacomazzi

L’Opinione delle Libertà, Edizione 114, 30 maggio 2009

Medicina Narattiva

di Sandra Giovanna Giacomazzi

Questa settimana avrei dovuto raccontarvi di come vedo il mondo con la mia vista in declino, ma vorrei rimandare quell’appuntamento.  Da quando ho cominciato a scrivere questa novella di patologia a puntate, ogni settimana mi chiedo:  Ma cosa stai facendo?  Ma chi te lo fa fare ad esporti così?  A chi potrebbe mai interessare?  Nonostante che molte persone mi incoraggiassero a proseguire, mi sentivo a disagio e forte era la tentazione di chiudermi come un riccio e abbandonare il progetto.  Poi, la settimana scorsa ho avuto un appuntamento con il C.M.I.D. di Torino, il Centro Multidisciplinare di Ricerche di Immunopatologia e Documentazione su Malattie Rare.  In questo centro non si occupano della mia malattia, PXE, Pseudoxantoma Elastico.  Tuttavia attraverso i miei scritti sono venuti a conoscenza delle mie difficoltà e mi hanno ricevuto per vedere se potessero in qualche modo indirizzarmi meglio.  Da loro ho saputo che ciò che sto facendo ha un nome.  Addirittura fa parte di un ramo della medicina ed è un genere letterario: NBM (Narrative Based Medicine) o Medicina Narrativa.  La Medicina Narrativa serve a connettere le conoscenze cliniche del medico o EVB  (Evidence Based Medicine) al vissuto soggettivo del paziente.  Normalmente sono i medici a scrivere basandosi sul proprio vissuto e quello raccontatogli dai loro pazienti.  Era la combinazione paziente/protagonista/scrittrice che ha reso i miei scritti interessanti e particolari ai loro occhi.  

A proposito della dicotomia fra “narrativa” e “evidenza”, conosco due donne con PXE le cui storie sono perfette illustrazioni. Entrambe cominciarono a perdere la vista alcuni anni fa.  Una, non contenta della mancanza di comunicatività col suo medico, un giorno decise di impadronirsi della situazione, alzare la voce e pretendere spiegazioni adeguati e l’orecchio del suo medico.   Oggi, nonostante numerosissimi episodi negli ultimi 5 anni, mantiene 5/10 in un occhio e 10/10 nell’altro.  L’altra paziente, invece, vide innumerevoli oculisti, spese tonnellate di soldi in esami e solo occasionalmente i suoi oculisti furono disposti ad intervenire.  Si affidavano esclusivamente ai loro strumenti di analisi e non alla percezione di perdità della paziente.  Oggi ci manca poco perché sia dichiarata legalmente cieca ad entrambi gli occhi.  Poi, l’anno scorso sembrava che la sua fortuna stesse cambiando.  Trovò un medico disposto al dialogo e a darle trattamenti anche gratuiti.  “Finché è mia paziente, non permetterò che diventi cieca.”  Il problema è che non rimase a lungo sua paziente. Avrebbe dovuto cominciare un ciclo di iniezione la settimana seguente.  Solo che nel frattempo l’oculista, un paracadutista esperto, partecipò ad una dimostrazione in Arizona, entrò in collisione con un altro della formazione, precipitò e morì.  Era il noto oculista di Tallahassee, Florida, Dr. Joel Shugar, inventore dell’anestetico oculare, Shugarcaine.   

Consapevole della percezione di isolamento dei pazienti con malattie rare e del senso di impotenza dei loro medici, l’Istituto Superiore della Sanità ha organizzato un convegno a fine giugno intitolato proprio “Medicina Narrativa e Malattie Rare”.  Saranno presenti esperti italiani e internazionali del ramo, inclusa Rita Charon, il medico americano che coniò il termine e creò il dipartimento alla Columbia University di New York.  9 continua…


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