Italian Perspectives                                                              
by Sandra Giovanna Giacomazzi

L’Opinione delle Libertà, Edizione 101, 16 maggio 2009

Intervenire o non intervenire?  Questo è il dilemma!

di Sandra Giovanna Giacomazzi

Quando il nuovo retinologo, quello consigliatomi dal commesso della FNAC, vide i miei occhi, la mia sterminata cartella clinica e i miei esami OCT (Optical Coherence Tomography) e FAG (floroangiografia) mi chiese subito, “Ma nessuno le ha mai suggerito di fare dei trattamenti di iniezioni intraoculare con l’Avasin?”  Io gli ribattei: “Perché lei li riterrebbe utili?”  E lui rispose che sarebbe stato più utile averle fatte prima, che non poteva garantire un miglioramento della mia vista, ma che, secondo lui, finché le OCT dimostravano evidenza di edemi, le iniezione andavano fatte.

Tornai a casa molto sollevata.  Anche se non mi garantiva che la mia vista sarebbe tornata, finalmente qualcuno mi offriva una speranza, la possibilità di agire, un’alternativa al suggerimento lapidario di “prepararmi a diventare cieca”.  Poi continuai a meditare.  Benché tutti i tanti retinologi che vidi prima di allora lavoravassero nel settore pubblico, io vidi loro privatamente.  Pur avendo un’esenzione dal ticket per patologia rara, trattandosi di un caso estremamente complesso, non mi bastava il poco tempo e la poca attenzione che potevano dedicarmi negli ambulatori ospedalieri affollatissimi.  Ma speravo poi di ricevere i trattamenti nelle strutture pubbliche.  Questo nuovo medico, invece, lavorava solo nel settore privato e quindi gli interventi si sarebbero fatti in cliniche private ad un costo esorbitante.  Poiché tutti gli altri si pronunciavano contro la terapia e solo questo si esprimeva a favore, fu naturale sospettare che il suo parere dipendesse dal suo tornaconto economico.  Feci un appello per sentire l’opinione dei miei pari sulla mailing list elettronica dei pazienti malatti di PXE, ma sbagliai indirizzo e la mia domanda finì sulla lista dei medici.  Il giorno seguente ricevetti una risposta esauriente da un medico che stava a Memphis nello Tennessee.  Mi spiegò per filo e per segno come spesso sia difficile vedere una neovascolarizzazione in atto in una florangiografia, come la presenza continuativa di edema negli strati della retina fosse evidenza di un’alimentazione di quegli accumuli di liquido e che la fonte più probabile era quella vascolare.   Con la premessa di non aver visto né i miei occhi, né i miei esami, affermò, che, in base alla mia descrizione dei fatti, avrebbe consigliato gli interventi. Non potevo spedirgli i miei occhi, ma visto che era così generoso con il suo tempo e i suoi consigli, scannerizzai tutti i miei esami e glieli mandai per e-mail.  Lui me le spedì indietro con asterischi e freccette allegati a spiegazioni confermando il suo consiglio a favore dei trattamenti. 

Così decisi di fare gli interventi, ognuno dei quali costa più di quanto guadagno mensilmente come insegnante perennemente precaria.  E purtroppo non sono interventi “una tantum”, ma vanno fatti con una certa periodicità.  Nella prossima puntata vi racconterò del proseguirsi di questa situazione economicamente insostenibile. 

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