Italian
Perspectives
by Sandra Giovanna
Giacomazzi
L’Opinione
delle
Libertà, Edizione 86, 25 aprile 2009
Non sono
abbastanza cieca
di
Sandra
Giovanna Giacomazzi
Nella
prima
puntata di questa rubrica accennai al fatto che la spada di Damocle
della mia
malattia, calò tre anni fa in un momento particolarmente felice
della mia
vita. La sera prima c’era stata la
presentazione del mio libro “Stella e Striscia” al Centro Pannunzio di
Torino. Due dei relatori avevano preso
un aereo da Roma espressamente per l’occasione; due
uomini che rispetto enormemente e con i quali condivido lo
spirito liberale: Arturo Diaconale e Paolo Guzzanti.
Ero al settimo cielo. La
mattina dopo mi sono svegliata e non vedevo più nella zona
centrale dell’occhio
sinistro.
Per
fortuna,
avendo avuto una diagnosi così precoce, e, consapevole da sempre
del pericolo
che poteva attendermi, sapevo a chi rivolgermi, per quanto poco mi sia,
poi,
servito. Fino a poco tempo fa la
degenerazione maculare, dei pazienti PXE e non, veniva trattata col
laser e con
la fototerapia dinamica con risultati poco soddisfacenti, ma queste
terapie non
mi furono neanche proposte, né dai medici che seguivano la mia
patologia a
Bologna, né dai numerosi oculisti che vidi a Torino. Fu allora che mi furono dette quelle famose
parole
lapidarie: “se ne vada a casa e si
prepari a diventare cieca”. Era il
novembre del 2005, Non lo sapevo, ma
stavano appena cominciando a sperimentare una nuova terapia con un
farmaco
progettato per tutt’altro uso: l’Avastin, realizzato per curare il
cancro al
colon.
La
molecola di Avastin
(bevacizumab) possiede una proprietà antiangiogenetica, ossia
blocca la
formazione di neovasi inibendo al cancro di nutrirsi.
Proprio alla fine del 2005 alcuni oculisti negli Stati Uniti
inferirono che il meccanismo potesse tornare utile per inibire la
neovascolarizzazione in pazienti afflitti dalla degnerazione maculare. I risulti furono buoni, se pur incostanti,
anche perché dipendevano dalla tempestività del
trattamento. Altrimenti, se si lascia gli
accumuli di
liquido, o edema, assorbirsi da soli, la perdita di vista sarà
non più dovuta
all’edema, ma alla cicatrizzazione, e quindi, irrecuperabile. Così fu il mio caso.
Ciononostante non mi arresi. Ma del
proseguimento delle mie battaglie per
essere curata vi racconterò nella prossima puntata.
Tuttavia,
benché
non mi fossi rassegnata, provai a “prepararmi” a diventare cieca come
mi aveva
consigliato quel medico che non ebbe molta diplomazia, ma neanche torto. Contattai il Centro Ipovisione di Torino, ma
neppure riuscii a farmi ricevere: non
sono abbastanza cieca. Vai a dirgli che
ho una malattia degenerativa, che vivo da sola, che quando
partirà l’altro
occhio non sarò più in grado di essere autonoma e quindi,
sarebbe opportuno che
mi preparassi prima. “Ci chiami quando
sarà cieca” mi consigliarono. “Se
sarò
in grado di comporre il vostro numero telefonico”, avrei voluto
rispondergli.
Per
avere
ulteriori informazioni, fare una donazione o destinare il vostro cinque
per
mille alla ricerca: PXE-Italia Onlus n.
91157050377, www.pxe.org
e www.pxeitalia.unimore.it 5 continua…
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