Italian Perspectives                                                              
by Sandra Giovanna Giacomazzi


L’Opinione delle Libertà, Edizione 254, 28 novembre 2009

Dove va la ricerca tra cinismo e progresso

di Sandra Giovanna Giacomazzi

Qualche mese fa una amica mi consigliò di smettere di dedicare tempo ed energie alla raccolta di fondi per la ricerca sulla mia patologia rara, Pseudxanthoma Elastico, e di dedicarmi a me stessa.  A parte che fare l’uno è anche fare l’altro visto che senza uno sbocco importante in tempi brevi, la mia vista e forse anche la mia vita sono spacciate, la sua constatazione mi aveva profondamente turbata.  Essendo lei e il suo marito fra le persone più ricche che io conosco, e poiché i ricchi spesso frequentano altri ricchi, avrebbero potuto essere il catalizzatore di un concatenarsi di donazioni sostanziose.  Quando cercai di persuaderla della serietà di PXE International, ricordandole che i fondatori sono due genitori di due figli con PXE che hanno tutto l’interesse in un buon esito della ricerca, lei rammentò ciò che io stessa avevo scritto, che quando i coniugi Terry scoprirono di aver trasmesso una patologia così devastante ai loro figli, abbandonarono entrambi i propri lavori per dedicarsi a tempo pieno alla ricerca di una cura.  Il suo ragionamento: poiché la malattia non insorge fino alla media età, che fretta avevano se con ciò si trovarono anche senza lavoro?  Il cinismo della sua osservazione mi lasciò disarmata.  Non la consideravo una persona cinica e quindi se così la pensava lei, così avranno pensato in tanti, e forse, quindi, aveva ragione lei: tutti  i miei sforzi sono stati inutile, almeno in Italia.  

Decisi di rivolgere la domanda a Sharon Terry in persona, recandomi a Budapest dove si stava svolgendo un simposio di tutti i ricercatori mondiali che si occupano di PXE.  Alla mia domanda Sharon non esitò neanche un secondo: “Il giorno che fondammo l’associazione 14 anni fa dichiarammo che il nostro obiettivo primario era quello di chiuderla avendo raggiunto il nostro scopo: trovare una “cura”.  E adesso che sono anche diventata presidente di Genetic Alliance ( l’organizzazione il cui scopo è di condividere tutta la ricerca genetica) il lavoro non mi mancherà mai!” 

Al simposio conobbi tutti i ricercatori che lavorano da anni per capire il PXE: biologi, biochimici, medici e genetisti.  Delle loro relazioni compresi ben poco.  Il simposio era per gli scienziati non per i pazienti, quindi si esprimevano nel loro linguaggio.  Tuttavia, era commovente vedere tante persone di tutto il mondo impegnati a risolvere l’enigma del PXE.  Quando io ero bambina sapevano solo dirmi che un giorno sarei diventata cieca.  Col passare degli anni scoprirono che la malattia era sistemica, che non era “solo” la retina ad essere colpita ma i tessuti elastici di tutto il corpo e in modo particolare, il sistema cardio-vascolare e gastro-intestinale, con effetti anche fatali.  Nel 2000, scoprirono il gene colpito (ABCC6) ed erano convinti di arrivare presto ad una soluzione.  Invece, pare che il puzzle del PXE sia particolarmente complesso.  Se già capirono che la malattia era sistemica, solo recentemente appresero che è anche metabolica.  Nel 2008, Dr. Jounni Uitto del Thomas Jefferson University di Philadelphia condusse un esperimento incrociato con knock out topi (KO), topi ai quali il gene ABCC6 fu alterato e topi normali (WT).  Sui topi KO applicarono innesti di tessuto sano e sui topi WT innesti di tessuto afflitto da PXE. Dopo due mesi il tessuto sano sui topi KO diventò malato e il tessuto malato sui topi WT diventò sano, dimostrando che la malattia è metabolica e che per trovare una soluzione molto probabilmente bisognerà agire sul fegato.  I ricercatori ntuiscono che il fegato dei malati di PXE non riesce a metabolizzare una delle tante vitamine K (non sanno quale) necessarie per prevenire la mineralizzazione dei tessuti elastici. Sono passi da gigante, ma ancora non c’è la soluzione che porterà un beneficio ai pazienti.  Per questo la ricerca deve procedere sconfiggendo il cinismo insieme alla malattia.


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