Italian Perspectives                                                              
by Sandra Giovanna Giacomazzi


L’Opinione delle Libertà, Edizione 254, 21 novembre 2009

I comma 22 colpiscono ancora!

di Sandra Giovanna Giacomazzi

 Circa un mese fa sono stata all’ASL per la valutazione del mio handicap ai sensi della legge 104, che riguarda le agevolazioni sul lavoro.  Ho avuto la convocazione dopo solo due mesi dalla data della richiesta.  I medici della commissione si sono comportati con molta sensabilità, dimostrando un vivo interesse per le peculiarità della mia patologia rara ed empatia per le difficoltà che infligge a chi ne è colpita.  Il colloquio è stato succinto, ma esaustivo e sono uscita con la sensazione che ci fosse stata una corretta percezione della mia situazione. 

Dopo una sola settimana ho ricevuto la valutazione scritta del colloquio:  “portatore di handicap” e “in condizione di gravità”.  L’assegnazione della “gravità” è molto importante perché è quella che dà il diritto ad agevolazioni che potrebbero cambiare significativamente la qualità della mia vita.  Il diritto consiste nella possibilità di assentarsi dal lavoro per tre giorni al mese, senza consumare i giorni di mutua e quindi senza le detrazioni previste dal Ministro Brunetta. 

 Avere un insegnante assente tre giorni al mese è un grosso disagio per la scuola.  Le ore di cattedra devono, comunque, essere coperte e quindi va a pesare su tutto il corpo docente dell’istituto.  L’assenza comporta anche un disagio per il docente che usufruisce di tale diritto, particolarmente se si tratta di un docente coscienzioso.  Chi sostituisce non porta avanti i programmi di studio e quindi ci si trova a dover correre per ricuperare il tempo perduto.  Forse per questi due motivi la legge prevede un’altra alternativa per questa categoria:  una riduzione delle ore di cattedra da 18 a 12, senza perdite economiche. 

Io avrei optato per la seconda soluzione essendo quella che porterebbe meno disagio alla scuola dove insegno e anche quella che mi avrebbe dato più sollievo:  non solo 12 ore di cattedra anziché 18, ma 6 classi anziché 9, 150 studenti piuttosto che 225, 300 genitori e non 450, 3 consigli di classe di meno, come pure 3 scrutini di meno, per non parlare dei compiti in meno da correggere!  Insomma, un sollievo fisico e visivo non indifferente

La mia euforia per la prospettiva di beneficiare di questo diritto è durata per meno di 48 ore.  Sono stata informata dai sindacati che potrebbe essere molto imprudente che io cercassi di avvalermene, perché, essendo precaria, potrei non essere rinominata l’anno successivo e trovarmi senza lavoro.  L’ennesimo “comma 22” della carrellata!  Un amico mi ha suggerito di smettere di scrivere articoli di denuncia e di passare ad azioni più radicali come quella di incatenarmi ai cancelli dei ministeri.  Non sarebbe tanto il mio stile ma, cornuta e mazziata, la tentazione c’è.  Non saprei, però, fra sanità e istruzione, da quale ministero cominciare! 

Ma non voglio credere che i sindacati abbiano ragione.  Ho un buon rapporto con la direzione della mia scuola, coi miei colleghi e soprattutto coi miei studenti.  E sebbene nessuno sia indispensabile, insegnanti di diritto di madre lingua inglese non è che crescano sotto i portici del capitale subalpina.  Però il fatto che i sindacati pensano che il pericolo ci sia e non propongono una soluzione la dice lunga sulla loro preoccupazione di proteggere i già protetti.  E lo stato non è da meno, colpendo più forte chi è più debole.


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