Italian
Perspectives
by Sandra Giovanna
Giacomazzi
L’Opinione
delle Libertà, Edizione 207 del 26 settembre 2009
PREPARANDOSI AL
PEGGIO
di Sandra Giovanna Giacomazzi
Le ferie sono finite e le scuole si sono riaperte. Il rientro
quest’anno è particolarmente difficile. Non solo
perché il declino della mia vista progredisce nonostante tutti
gli interventi fatti, ma perché la mia scuola ha deciso di
adottare i sistemi informatici per i registri di classe e per quelli
dei professori. In tempi non molto lontani, l’avrei apprezzato,
ma, con il mio stato di continuo degrado, l’ultima cosa di cui avevo
bisogno era un altro motivo per dover fissare gli schermi micidiali dei
computer.
Così avrei già nostalgia per le ferie appena passate
anche se non sono andata in vacanza, avendo deciso di passarle a casa a
Torino. Questo non solo perché avevo speso l’intero
stipendio dell’anno scorso “curandomi” gli occhi o perché avevo
bisogno di restarci per fare altri due interventi, a causa
dell’emorragia retinica subita durante gli scrutini di giugno. Ma
perché quest’ultima perdita di vista mi aveva reso più
cosciente che mai di quanto fosse impellente mettere in ordine certe
cose nella mia vita finché ero ancora in grado di farlo.
In questi ultimi anni di caduta libera avevo accumulato in casa un caos
inconsueto, tonnellate di carte ammucchiate in pile in giro per tutto
l’appartamento: ricerche e bozze per i miei articoli, bozze di lezioni,
test, e altro materiale didattico per i miei studenti, giornali da
leggere, cartaccia delle tante cartelle cliniche, posta varia, e chi
più ne ha più ne metta. Ad ogni crisi, dovevo
rimandare la messa a punto della situazione e così l’accumulo
aveva raggiunto un livello insostenibile e irrimandabile. Dopo
l’ultima perdita è diventato evidente che non avevo molto tempo
per far fronte al compito. Non so per quanto tempo ancora
sarò in grado di distinguere fra un documento importante da
conservare e qualcosa che posso tranquillamente buttare.
Così ho passato l’intera estate ad esaminare, smistare e buttare
carta. Il lavoro è stato arduo e purtroppo non l’ho potuto
terminare.
Non so se si riesce ad immaginare quanto sia devastante per una persona
che leggeva un testo scorrendo la pagina con gli occhi captando con uno
sguardo sfiorato tutto il suo contenuto senza doversi soffermare,
trovarsi oggi a dover esaminare pile di carta, analizzando foglio per
foglio, parola per parola con la lente di ingrandimento. Per non
parlare delle mille altre cose che prima riuscivo a sbrigare in un
attimo senza pensarci e che adesso mi portano via ore di tempo per i
guai che combino. Come, per esempio, versare l’olio
nell’oliera. L’ultima volta che ci ho provato l’olio è
finito sul piano di lavoro, sgocciolando sulle porte del mobile e sul
pavimento della cucina, prima che me ne sia accorta. Prova a
pulire un tale pasticcio se non ci vedi!
Sono anche rimasta a Torino per sbrigare un po’ di pratiche
burocratiche che non ho tempo di fare durante l’anno scolastico.
I miei sforzi sono stati proficui anche se il primo impatto non
sembrava di buon auspicio. Sono andata all’ASL di competenza per
ritirare i modelli per fare la domanda per il riconoscimento
dell’handicap. Nella sala d’attesa trovo due macchinette che
distribuiscono i numeri. Non sapendo quale sia quella giusta,
prendo un numero da entrambe e poi chiedo all’impiegata quale sia il
numero giusto. Lei mi risponde, “Quello blu.” Guardo
i due numeri che ho in mano e rimango incantata perché non
riesco a distinguere una differenza di colore fra i due.
Così mi dice, “Non quello verde, ma quello blu.” Ma
rimango sempre lì sforzandomi a vedere la differenza,
accorgendomi in quel preciso momento di un’ennesima nuova
difficoltà. Quindi l’impiegata grida “blu”, sempre più
forte e, finalmente, fuori di sé, urla, “Blu si dice sempre blu,
anche in inglese!” Pur lavorando in un ufficio pubblico dove ha
che fare tutti i giorni con persone disabili di ogni tipo, aveva avuto
la perspicacia di percepire il mio accento, ma non di capire che non
ero né sorda, né stupida, ma “solo” malvedente.
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