Italian
Perspectives
by Sandra Giovanna
Giacomazzi
L’Opinione
delle Libertà, Edizione 130, 20 giugno 2009
Luce, libertà e legami con la
vista che se ne va
di Sandra Giovanna Giacomazzi
Nell’ultima puntata vi ho raccontato alcuni esempi pratici di come la
vita cambia con la vista in declino, esempi di quotidianità e di
vita professionale. Ma ci sono anche altri aspetti che cambiano:
quelli estetici inerenti alla percezione, quelli psicologici che
riguardano l’autonomia personale e quelli che influiscono sui rapporti
interpersonali.
Per ciò che concerne il bello, una volta amavo la luce, non ne
avevo mai abbastanza e non sopportavo quelli che abbassavano sempre le
serrande. Amavo in particolar modo quelle ore della giornata
quando la luce arriva in maniera trasversale, lasciando forti contrasti
fra luci ed ombre alla Vermeer. Adesso invece scappo dalla luce,
i miei occhi non riescono più a gestire simili contrasti e
ciò che una volta mi procurava gioia oggi mi crea
confusione.
Per quanto riguarda la psicologia dell’autonomia, per gli americani le
parole libertà e indipendenza non sono concetti astratti o
effimeri, ma fondamentali al nostro spirito e al nostro agire.
L’automobile è sentita come un’estensione del nostro corpo;
toglierla è come tagliare le ali ad un’aquila. Quindi per
una che aveva la moto a 15 anni (non il motorino, ma un Honda 360 che
andava su strada e su sterrato), che guidava la macchina a 16 anni e
che, prima di averne 25, aveva fatto tanti viaggi su e giù per
l’Eastern seaboard da Boston alla Florida che non sarebbe neanche in
grado di contarli, non poter più guidare è una gabbia
devastante!
Nei rapporti interpersonali, invece, se prima passavo per maleducata
perché non davo la mano a chi me la tendeva perché la mia
visione periferica limitata non mi permetteva di vederla, adesso magari
neanche saluto le persone che conosco perché, appunto, non le
riconosco, se non per la loro sagoma. I loro lineamenti sono
smorzati e appiattiti come se fossero tutti dipinti da Cezanne!
Pochi anni fa venne a colloquio con me il padre di una mia
studentessa. Gli raccontai quanto fosse piacevole avere sua
figlia nella mia classe. Era una dei pochi studenti che ti
guardava non solo in faccia, ma diritto negli occhi mentre
spiegavi. Dalla sua espressione visiva, ti rendevi conto se le
tue spiegazioni si capivano. Dalle pieghe della sua bocca o la
luce nei suoi occhi, sapevi se aveva capito l’ironia delle tue
battute. L’altro giorno in classe non sapevo neanche chi fosse
finché non mi sono avvicinata dicendole “Ahh, sei tu, Alice”,
rimpiangendo i vecchi tempi quando leggevo tutto da quel viso che oggi
neppure riesco a riconoscere!
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