Italian
Perspectives
by Sandra Giovanna
Giacomazzi
L’Opinione
delle Libertà, Edizione 124, 13 giugno 2009
Quel che i miei occhi non vedono
di Sandra Giovanna Giacomazzi
Chiunque si sia rotto un braccio, una gamba o anche solo tagliato un
dito sa come non ci si renda conto di quanto ci servano,
finché non ne siamo privati, anche per compiere le funzioni
più banali di ordinaria quotidianità. Così
è anche per la vista. Dalla fatica di fare la spesa nella
confusione dei pur ordinati scaffali del supermercato, alla
difficoltà di distinguere gli spiccioli e il doversi affidare ai
commercianti per pescarli dal portamonete, all’impossibilità di
separare un sassolino da un cece nella preparazione di una zuppa di
ceci col rischio di spaccarsi qualche dente, per citarne solo alcune.
Ma per chi, per professione, fa un utilizzo intenso della vista, la
perdita dell’acutezza visiva è particolarmente drammatica.
Da quell’inizio quando mi accorsi di cominciare a fare fatica a leggere
i giornali, doveti affidare la mia lettura dei giornali alle varie
rassegne stampa radiofoniche, che, fortunatamente, sono tante.
Vedevo le parole ondeggianti, sbianchettate, le lettere consumate come
se fossero battute a macchina con un nastro usurato e le pagine come se
le guardassi attraverso un vetro sporco o come se dovessi cercare le
parole nella nebbia. Tutto ciò rende impossibile la
lettura di un libro, cosa dura per una che una volta li divorava.
Tuttavia, continuo a comprarli benché sia molto probabile che la
mia vista peggiori di parecchio. Sarà questione
d’abitudine, o per non rinunciare alla speranza di una cura che arrivi
in tempi utili.
Una delle cose più frustranti è la dinamicità del
degrado che richiede un continuo adeguarsi alle nuove
circostanze. Per fortuna, scrivendo col computer si può
sempre ingrandire il carattere per vederlo meglio o rimpicciolirlo per
eliminare le distorsioni, però permane il problema
dell’illuminazione micidiale dei nuovi schermi. Per quanto
riguarda il lavoro d’insegnante, invece, dovetti stravolgere la mia
metodologia di valutazione. Non riuscendo più a decifrare
la mia calligrafia, figuriamoci quella dei miei studenti! Quindi
non posso più fare domande aperte, ma devo impegnarmi nella
preparazione di esami scritti obbiettivi e minuziosamente dettagliati
che richiedono decine di ore e tanta meticolosità davanti allo
schermo. Per correggerli, poi, sono obbligata a farmi assistere
onde evitare che qualche risposta o segno di correzione finiscano nella
nebbia.
E riesco a fare ancora tutto ciò solo grazie ad un occhio ancora
“sano”. Ma vivo nel terrore di svegliarmi una mattina e scoprire
che la degenerazione cominci anche in quello. La presenza delle
strie angioidi e la casistica indicano che non è tanto questione
di se, ma di quando. Cerco di non pensarci perché è
comprovato che lo stress emotivo accelera ciò che già
è piuttosto inevitabile.
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