Italian Perspectives                                                              
by Sandra Giovanna Giacomazzi 

L’Opinione delle Libertà, Edizione 113 del 06-06-2008

Fine della corsa, Hillary Clinton si ritirerà sabato

Obama, un osso duro per McCain

di Sandra Giovanna Giacomazzi

Ieri mattina la senatrice di New York, Hillary Clinton, ha spedito un’e-mail a tutti i suoi sostenitori annunciando che sabato a Washington intende estendere le sue congratulazioni al senatore dell’Illinois, Barack Obama e offrirgli il suo appoggio per la sua candidatura contro il candidato repubblicano e senatore dell’Arizona, John McCain. Coloro che festeggiano la vittoria di Barack Obama perché credono che, con lui come candidato Democratico, McCain, abbia più probabilità di vincere, farebbero meglio ad andare un po’ più cauti. Sebbene il ragionamento della senatrice di New York, Hillary Clinton, fosse validissimo (avendo vinto nei grandi stati come California, New York, Michigan e Florida, sarebbe stata molto più competitiva), oramai avrebbero dovuto imparare che in queste elezioni c’è solo da aspettare l’inaspettabile. Sei mesi fa nessuno avrebbe scommesso sulle candidature di John McCain e di Barack Obama. Adesso ci sono cinque mesi che ci separano dalle elezioni a novembre e molte cose possono succedere in cinque mesi. Nessuno dovrebbe sottovalutare la capacità di Obama di far scivolare e scomparire qualunque fango che gli venga tirato addosso.

La settimana scorsa la Clinton aveva semplicemente risposto ad una domanda circa la sua “ostinazione” di voler portare avanti la campagna delle primarie fino a giugno, con l’accento su “giugno” come se fosse chi sa quale traguardo temporale inaccettabile. Lei aveva risposto con i primi due esempi di campagne primarie democratiche protrattesi fino a giugno che le sono venute in mente: quella di suo marito agli inizi degli anni ‘90 e quella di Bob Kennedy nel 1968, interrotta dal suo assassinio. Mai l’avesse detto! Ha dovuto subire una settimana intera di critiche feroci per aver voluto insinuare un possibile attentato contro Obama, accusa rappresentativa solo della malafede dell’accusatore.

Obama, invece, è resistente al fango come se fosse coperto di teflon dalla testa ai piedi. Sarebbe edulcorato definire “poco patriottiche” le uscite del suo pastore da più da vent’anni, Jeremiah Wright, della Church of Christ di Chicago. Eppure non se ne parla più. Solo quando, la settimana scorsa, un altro pastore ha fatto una performance inverosimilmente denigrante contro la persona di Hillary Clinton, finalmente Obama ha sentito il bisogno di dissociarsi da quella chiesa, senza, però, sprecare troppe parole sulla spregevolezza dei termini espressi nei confronti della Clinton. Quando è uscita la notizia che un amico e sostenitore finanziario di Obama, Tony Rezko, era un investitore immobiliare di Chicago nato in Siria con dozzine di processi da affrontare con la giustizia locale, la notizia non ha attratto più di tanta attenzione. Idem quando si è saputo che Obama era in rapporti così amichevoli con l’ex leader del gruppo terroristico “Weathermen Underground”, Bill Ayers, che questi aveva donato soldi alla sua campagna. Dopo pochissimo non se n’è più parlato. E nonostante pochi giorni fa Daniel Pipes sia apparso su Fox News in un programma a puntate (“The Real Obama”), per parlare della sua sconfortante amicizia di vecchia data con l’attivista palestinese e professore all’Università di Colombia, Rashid Khalidi, la notizia è completamente sfuggita alla maggioranza dei mass media.

Considerando tutto ciò, forse sarebbe stato meglio augurare che Hillary Clinton avesse proseguito la sua battaglia facendo appello contro la decisione della Commissione Regolatoria che ha letteralmente regalato tanti delegati del Michigan ad Obama sabato scorso. Negli Stati Uniti non vale il “tanto peggio, tanto meglio” all’italiana dove si può sperare che il governo poi cada e si vada ad elezioni anticipate. Se vince Obama, i suoi eventuali danni contro l’Occidente li potrà commettere tranquillamente per 4 anni prima che il popolo americano possa cacciarlo.


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