L’Opinione delle Libertà, Edizione 87 del
06-05-2008
North Carolina e Indiana
Tra Obama e
Hillary continua la sfida senza un vincitore
di Sandra Giovanna Giacomazzi
La settimana
scorsa con la sua consueta retorica impetuosa e fiammeggiante l’ex
pastore di
Barack Obama è tornato in scena infestando la campagna
elettorale del senatore
dell’Illinois di dichiarazioni che potevano solo danneggiarlo. In pochi
giorni
consecutivi e davanti a platee molto differenti, ma tutte di rilievo:
un’intervista con Bill Moyer sulla televisione PBS, davanti alla NAACP
(National Associazion for the Advancement of Colored People)
un’associazione
che lavora per il miglioramento delle condizioni delle persone di
colore, e
davanti alla National Press Club, l’associazione nazionale dei
giornalisti) il
Reverendo Wright ha sputato una raffica di blasfemie impressionante.
Per
esempio: “Non dobbiamo dire God bless America (Dio benedica America),
ma God
damn America, Dio maledica America”. Ha accusato gli Stati Uniti di
aver creato
e diffuso di proposito il virus dell’Aids ai gay e agli africani come
metodo
per controllare la crescita della popolazione. E come se non bastasse,
quando
Obama era finalmente costretto di prendere le distanze dal suo pastore,
questa
volta senza mezzi termini, denunciandolo come antitetico a tutto
ciò che lui
rappresenta, Wright lo ha accusato di giocare il ruolo di politico,
insinuando
che Obama condivide le sue opinioni oltraggiose ma che non lo
può ammettere se
vuole essere eletto presidente.
Quanto danno sta provocando tutto ciò alle primarie che
rimangono per il
candidato democratico? Non quanto si potrebbe pensare. Solo il 19% dei
Democratici afferma che le dichiarazioni di Wright abbiano avuto
un’influenza
negativa. Più di due terzi ritengono che non abbiano avuto
nessun effetto.
Eppure secondo i sondaggi, tutti i giorni Obama sta perdendo punti del
suo
vantaggio sulla sua rivale, la senatrice di New York, Hillary Clinton.
Pare che
le perdite di due grandi stati come Pennsylvania e Ohio comincino a
creare dei
dubbi sulla capacità di Obama a vincere la gara finale a
novembre. Eppure nei
sondaggi Obama/McCain, Obama è avanti di 4 punti, che rimangono,
però, nel
margine dell’errore. Ma non è che la Clinton vada molto meglio:
è avanti di 5
punti. E quindi l’impasse rimane. Quello che è ancora più
sorprendente è:
quanto sia competitivo il candidato Repubblicano quando il presidente
repubblicano ha il record d’approvazione più basso della storia.
I Democratici
stanno cercando di dipingere il senatore dell’Arizona, John McCain,
come una
continuazione delle politiche di George W. Bush. Ma sta avendo
più successo il
messaggio dei Repubblicani: che anche loro vogliono un cambiamento e
che McCain
sarà molto diverso da Bush.
Nel campo Democratico ci sono ancora nove gare da contendere prima che
tutto
finisca il 3 di giugno. Il giorno più importante è oggi
con 187 delegati in
ballo fra Indiana e North Carolina. North Carolina è uno stato
ricco di persone
che appartengono al constituency di Obama: afro-americani e bianchi
benestanti.
Nell’Indiana c’è una forte presenza dell’elettorato più
vicino alla Clinton:
persone anziane e operai. Questa differenza demografica è una
delle cose che
più distinguono i due candidati. Hillary Clinton ha avuto il
sostegno dei “blue
collar workers” in 25 stati; Obama ha avuto il loro voto in soli 3. Non
è per
una questione razziale che i lavoratori bianchi non votano per Obama,
ma per il
suo essere considerato un elitario. Un “radical chic”, come si dice da
noi, un
“latte liberal”, come dicono oltreoceano, riferendosi ai frequentatori
di posti
come Starbucks che sono disposti a pagare $5 per un caffè con
muffin, quando la
stessa cosa da Dunkin’ Donuts costa la metà.
giogia@giogia.com Ritornare alla lista