L’Opinione delle Libertà, Edizione 68 del 29-03-2006
Il mondo accademico americano divorato dal politically correct
Così l’occidente impara ad odiare se stesso
di Sandra Giovanna Giacomazzi
C’è del marcio nel mondo accademico americano che lascia sbigottiti quanto quello italiano. E le università “Ivy League” per l’elite non ne sono immuni, anzi. Alla Harvard University il Presidente Larry Summers è stato costretto a dare le dimissioni perché non corretto dal punto di vista politico. Alla Columbia University, invece, trovano corretto accettare fondi dal dittatore libico Gheddafi, cosa che gli ha procurato il diritto di parlare agli studenti e docenti in una videoconferenza. E come se non bastasse, alla Yale University un giovane ex talebano dell’Afghanistan sta seguendo corsi che potrebbero portarlo ad un’ammissione a pieno titolo.
Larry Summers è figlio di due economisti, e nipote di due premi Nobel anche loro in economia. Dopo aver ottenuto la sua laurea al MIT e il suo dottorato ad Harvard, Summers ha insegnato in tutte e due le università. All’età di 28 anni, è stato il più giovane professore a ricevere un incarico di ruolo in tutta la storia di Harvard. Poi, dopo una carriera alla World Bank, dove ha fatto suo l’impegno del miglioramento dell’istruzione per le donne nel mondo e dopo un'altra carriera al ministero del Tesoro nell’amministrazione Clinton, è tornato ad Harvard nel 2001 per coprire la carica di presidente. Pur essendo un Democratico, le posizioni di Summers sono decisamente a destra dell’accademico medio e dato che fa sentire, parlando, le sue opinioni controverse, ha avuto molte occasioni per scontrarsi fortemente soprattutto con alcuni membri delle facoltà umanistiche, più propensi al rigore della correttezza politica. Per esempio, nel 2002 Summers ha criticato una campagna promossa dai docenti di Harvard e MIT di togliere investimenti da compagnie con holding israeliane, dicendo che faceva parte di un trend più ampio degli accademici di sinistra e che “l’effetto era antisemita, anche se l’intento non lo era”.
Per quanto riguarda Colombia University, le autorità accademiche rifiutano di rivelare quanto finanziamento hanno ricevuto dal dittatore libico e a quale condizioni.
Ma l’episodio più sconcertante è quello che riguarda la presenza di Sayed Rahmatullah in una delle più prestigiose università degli Stati Uniti. Con il suo passato di talebano neanche Hashemi riesce a credere alla sua fortuna: “Avrei potuto finire a Guantanamo Bay”. Yale non ha solo trascurato la parte del suo curriculum che riguardava il suo passato talebano, non ha neanche prestato troppa attenzione al suo passato accademico. Pare che Hashemi abbia solo frequentato la scuola elementare e poi abbia conseguito un diploma equipollente per la scuola media-superiore senza averla frequentata, non esattamente la preparazione accademica di un tipico studente di Yale. Tre dei finanziatori della fondazione che ha dato la borsa di studio ad Hashemi si sono ritirati quando hanno saputo chi era, ma pare che l’università abbia intenzione di mantenere l’impegno. Prossimamente l’ufficio di accettazione dovrà spedire 19.300 lettere di “respinto” a studenti che non ce l’hanno fatta. Sarà difficile convincerli che Hashemi non stia occupando un posto che avrebbe potuto occupare uno di loro.
Già nel 1990, quando era rettore di Yale College, Donald Kagan, professore di storia, aveva avvertito il mondo esterno di un fenomeno nei campus americani che lui chiamava “mutuo massaggio” fra professori con “valori neutri” e studenti con “menti morbide”. Per Kagan, l’episodio col talebano è un esempio clamoroso fra tanti altri del relativismo morale rampante. Non è neanche ottimista che possa servire qualche pressione dall’esterno. Pare che Yale goda di finanziamenti per 15 miliardi di dollari e che il consiglio governante sia selezionato per assecondare ogni volontà del presidente.
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