Italian Perspectives                                                              
by Sandra Giovanna Giacomazzi 

L’Opinione delle Libertà, Edizione 139 del 27-06-2006

Bisogna assicurare la possibilità di voto agli italiani assenti dal loro luogo di residenza

Abolito il ministero per gli Italiani all’estero bisognerebbe crearne uno per gli italiani in Patria

di Sandra Giovanna Giacomazzi

Una delle prime buone azioni del nuovo governo è stata quella di abolire il Ministero per gli italiani all’Estero. E’ vero che nel frattempo ha aumentato e sdoppiato altri ministeri, ma è importante, in ogni modo, aver eliminato quello. Chissà che diavolo aveva in mente Tremaglia quando ha creato questo progetto folle. E non si tratta del malo modo in cui è stata condotta la campagna elettorale, il fatto che il centrodestra ha diviso il voto fra diversi candidati o lo svolgimento del voto, tutto in mano ad esponenti della sinistra. Mi riferisco, invece, all’idea in sé di dare il voto agli italiani che sono residenti all’estero, che conducono una vita lontana dalla vita quotidiana, dalle notizie e dalle istituzioni italiane. Tanti non sono né nati, né stati, né hanno intenzione di venire in Italia. Avendo diviso l’intero mondo in circoscrizioni, è come se ci fosse un nuovo impero romano grande quanto il pianeta, dai continenti americani all’Oceania.

Gli italiani all’estero sono gli unici italiani ad essere rappresentati nel vero senso della parola, ossia che hanno rappresentanti mandati dal territorio a Roma e non viceversa come si usa in Italia, dove sono i partiti a mandare i candidati a rappresentare loro sul territorio! Cominciano già a contare di più gli italiani all’estero che quelli che stanno in Italia. Tant’è vero che Bertinotti ha proposto una riduzione del calendario di lavoro per assecondare la loro necessità di tornare per una settimana al mese presso i loro elettori, anche se ho qualche dubbio sull’uguaglianza fra i bisogni di un italiano residente a New York City e uno residente nel Kansas. Ad ogni modo, pensare di sospendere l’attività del parlamento italiano e l’esigenza dei cittadini italiani residenti in Italia di godere di un legiferare puntuale per risolvere i tanti problemi dell’Italia, è da matti. Se si continua di questo passo bisognerà creare un Ministero per gli italiani in Patria.

Anziché dare il voto agli italiani all’estero, bisognava assicurare la possibilità di far votare gli italiani che sono assenti dal loro luogo di residenza al momento delle votazioni, o con un voto anticipato in luogo o per posta. Che senso ha che eserciti di insegnanti ed educatori che mantengono la loro residenza al Sud, pur lavorando al Nord, debbano assentarsi dal lavoro per recarsi a votare con tutti i relativi disagi per le scuole e i costi per lo stato? Che senso ha che un emigrato che non segue più le vicende italiane, possa votare per essere rappresentato in parlamento quando è proibito invece ad un uomo d’affari italiano che si trova all’estero durante le votazioni? Il primo non paga neanche più le tasse, il secondo, crea lavoro, fa alzare il Pil, paga l’Irpef, l’Irpeg, l’Iva, l’Ici, l’Irap e i contributi per i suoi lavoratori. Che senso ha che i figli degli emigrati che non sono mai stati in Italia, che non parlano l’italiano, che poco sanno e a cui poco importa delle vicende e delle vicissitudini italiane, abbiano potuto votare “sì” o “no” per confermare o respingere la riforma della Costituzione quando un pensionato residente a Torino che passa i mesi estivi nella sua nativa Sicilia non lo ha potuto fare?


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