Italian Perspectives                                     
by Sandra Giovanna Giacomazzi 

La legge elettorale "back on the front burner",  Legno Storto, 11 ottobre 2005

Un amico/collega di una testata amica trova spesso un motivo per darmi della pitonessa.  Vuoi perché ha saputo che vent'anni fa, sentendo i discorsi di Berlusconi quando presentava i suoi palinsesti pubblicitari, io avevo auspicato la sua futura discesa in politica.  Vuoi perché, quando a giugno tutti parlavano di fare il partito unico, io avevo scritto un articolo proponendo piuttosto una riforma elettorale di proposito paradossale.  Paradossale anche perché, come americana, il sistema maggioritario fa parte della mia DNA.  Prima di venire in Italia, l'unica esperienza che avevo avuto col proporzionale era quella acquisita sui libri di testo all'università e vent’anni in Italia sono stati più che sufficiente a convincermi dei suoi demeriti.  Invece, quello che proponevo allora era proprio un ritorno totale al proporzionale con un premio di maggioranza.

Sì, la mia proposta sembrava esattamente come quella presentata quattro settimane fa dalla maggioranza  Quindi, appena ho sentito di sfuggito la notizia, non sapevo se essere contenta perché qualcuno aveva preso sul serio il mio suggerimento o se essere arrabbiata perché qualcuno aveva rubato la mia legge!  Poi ho scoperto che in realtà la proposta di legge era esattamente… molto diversa da quella che avevo proposto io.

Ossia, loro proponevano un premio per la coalizione che otteneva la maggioranza relativa.  Io proponevo che il premio andasse al partito di maggioranza relativa.  Loro proponevano il premio solo se ce ne fosse bisogno e solo per portare la maggioranza al 55%.  Io invece volevo un premione che dava una maggioranza strepitosa che avrebbe permesso a chi vinceva una governabilità tale da permettergli di rivoluzionare l'Italia.  Se non fosse per la faziosità ad oltranza dell'opposizione, la loro legge poteva piacere a molti, anche alla stessa opposizione.  La mia legge nasceva dalla mia convinzione che, se Silvio Berlusconi non potrà fare la sua rivoluzione liberale in un secondo mandato, non la farà mai nessuno, e quindi, poteva piacere solo a Forza Italia.  La loro legge proponeva di tornare come prima per tornare come prima: caos, ribaltoni, cadute di governo un giorno sì e l’altro pure, proprio come ha scritto il direttore di questo giornale.  La mia proposta antilampedusiana proponeva di tornare come prima, per cambiare finalmente tutto!

Ora fra le dimissioni di Siniscalco, il ritorno di Tremonti, la finanziaria da approvare e la proposta per le primarie, ero convinta che la riforma elettorale sarebbe stata accantonata, relegata al back burner o al fornello di dietro, come dice la metafora inglese, almeno per qualche giorno.  Invece il colpo di scena di tre livelli di sbarramento ha messo d’accordo tutta la maggioranza (salvo qualche singhiozzio dell'ultima ora di Follini e Bossi): 10% per la coalizione, 2% per i partiti dentro le coalizioni e 4% per quelli che corrono da soli.

Ogni Paese è libero di creare le regole del gioco elettorale al suo piacimento. Bisogna, però, tener conto di due principi emersi dalla ricerca dei politologi. Uno: che le leggi elettorali sono una riflessione del quadro politico di un Paese e non un fattore determinante.  E due, è cruciale che il pubblico percepisce il sistema come giusto.  Come abbiamo già visto, anche se la riforma potrebbe giocare al loro favore, la sinistra ha già deciso di preferire la carta del discredito e la piazza al parlamento.


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