Italy like Iran, (L'Opinione, 11 dicembre 2002)
In Iran c’è un governo eletto dal popolo, sia pure nell’ambito del partito unico islamico in cui, però, si confrontano abbastanza apertamente diverse correntiche si presentano alle elezioni con i loro candidati. Alle ultime elezioni ha vinto la corrente riformista, espressione della parte più avanzata della popolazione, gente che non ne può più dell’isolamento internazionale, dell’antimodernismo e del bigottismo imposto dal regime. Il presidente ha proposto in parlamento, dove avrebbe i voti per farle approvare, diverse leggi timidamente modernizzatici, sia pure nell’ambito della costituzione di una repubblica Islamica. Ma il potere reale in Iran, non ce l’hanno né il presidente né il parlamento. Il vero potere è nelle mani della magistratura che si considera l’unica autentica guardiana dei sacri principi su cui si basa la costituzione. I giudici non rispondono a nessun potere eletto e sono insindacabili se non da se stessi. Essi hanno bloccato sul nascere qualsiasi tentativo di riforma. Hanno scatenato nelle piazze i “guardiani della rivoluzione”. Hanno messo a tacere i giornalisti che li criticavano. Hanno incriminato il fratello del presidente per gli articoli pubblicati dal suo ex quotidiano. I giudici usano la mano pesante per intimidire il presidente e costringerlo a ritirare alcune proposte di legge che avrebbero limitato il loro potere. Non sappiamo se pretendono di dettare legge sui conduttori ed i palinsesti della televisione ma sui contenuti delle lezioni universitarie, sì, condannando a morte i professori quando quei contenuti non vanno loro a genio. Tutto questo accade in Iran. Qualunque assomiglianza ad avvenimenti, personaggi e governi più vicini è mera coincidenza.
giogia@giogia.com Ritornare alla lista