Overseas Perspectives                                 
by S. Giovanna Giacomazzi 


La tassa sul morto:  Perché noi sì e voi no

Una risposta a due articoli pubblicati su Il Foglio.

Negli ultimi giorni il suo giornale ha dedicato due articoli ad un argomento che potrebbe cambiare fondamentalmente l'America che noi tutti conosciamo:  la proposta di Bush di eliminare la tassa di successione.  Ma non è solo con questo tentativo di restaurazione della legislazione aristocratica che Dubya fa vedere la sua vera stoffa come presidente anti-americano per eccellenza.  Questa è solo l'ultima di una seria di manovre ed iniziative promosse dal nuovo presidente che minacciano la nostra democrazia e sistema capitalistico.

Con la solita tecnica di etichettare tanto per fare effetto, i repubblicani che vorrebbero abolire la tassa di successione la chiamano, la "death tax" o la tassa sul morto.  Che cosa ignobile, si pensa, tassare i morti!  Però negli Stati Uniti questa tassa riguarda solo il 2 percento degli americani che muoiono, ma fino a prova contrario il 100% di noi è destinato a morire.  È evidente che ci sono morti, e poi ci sono i morti ricchi che vanno tutelati.  Scherzi a parte, già la bassa percentuale dei cittadini interessati dovrebbe far sì che si chiedesse come mai si dia tanta priorità ad una legge che riguarda così poche persone.

Ma l'argomento più importante è quello che voi avete citato: quello per il quale appunto 120 degli americani più ricchi hanno firmato l'annuncio nel "New York Times" protestando contro l'abolizione di una tassa che sarebbe a loro favore.  Sanno di vivere nell'unica società che si avvicina ad un'autentica meritocrazia.  Si ricordano delle parole di Adam Smith nel suo "The Wealth of Nations" che "La più assurda di tutte le supposizioni è che ogni successiva generazione non abbia un diritto uguale alla terra."  Il concetto è stato parafrasato da Thomas Jefferson, quando chiese se non fosse meglio abolire tutti i privilegi ereditati poiché "la terra appartiene ad i vivi perché ne usufruiscono."  Si tratta del principio centrale delle società capitalistiche:  che i privilegi sociali non devono essere distribuiti dai leader di governi o passati da padre in figlio attraverso dinastie aristocratiche.  Devono essere guadagnati, ricevuti in premio per aver contribuito alla società.

David Rockefeller, Warren Buffet, e i loro pari sanno che anche con le tasse a stangate, i loro figli erediteranno di gran lunga più soldi di quanto potranno spendere.  Non vogliono aggiungere altro ad un livello di benessere economico che è già fin troppo demotivante.  Vorrebbero vedere i loro figli offrire il loro contributo alla società che con loro è stata così generosa.  Sanno che è per evitare di pagare eccessive tasse che sono diventati così creativi con la loro filantropia.  Sanno che senza i loro soldi i musei, le università, le troupe teatrali, le orchestre, etc., non potrebbero esistere.  Usano da vivi e da morti la filantropia come metodo per abbassare l'imponibile sulla quale pagano le tasse.  È un meccanismo che si è innescato da tantissimo tempo, che funziona benissimo, e che va a beneficio di tutti.  Di loro perché così possono destinare i loro soldi alle cause che gli sono più care.  Dei vari enti culturali perché senza il loro contributo non potrebbero esistere.  E del pubblico che gode e usufruisce di strutture universitarie e culturali tra le migliori del mondo.  Togliere la tassa, disinnescare il meccanismo, rimuovere l'incentivo potrebbe avere delle ripercussioni disastrose per tutti.

In Italia il centrodestra vorrebbe abolire del tutto la tassa di successione, e hanno ragione a volerlo fare per i motivi che avete notato:  I ricchi in America sono già favoriti dal fisco.  Pagando meno tasse da vivi, possono permettersi una tassa salata da morti.  In Italia si è già stremati dalle tasse per tutta la vita.  Per questo stesso motivo in Italia esiste moltissima evasione, cosa che è quasi impossibile negli Stati Uniti.  Il fenomeno dell'azienda di famiglia che viene lasciato dai padri ai figli è molto meno presente negli Stati Uniti che in Italia.  Ma giusto perché esiste, la legge negli States andrebbe non abolita ma modificata alzando la soglia per chi viene tassato in modo che i figli non si trovino nella necessità di dover vendere l'impresa di famiglia per pagare appunto la tassa.  Da voi invece andrebbe eliminata punto e basta.

Non è detto che le cose giuste per l'America siano giuste per l'Italia.  Facilmente si sbaglia pensando che il centrodestra italiano assomigli al partito repubblicano.  L'errore deriva dal fatto che si dimentica che le basi di partenza sono molto differenti.  In Italia la rete di assistenza sociale che da un minimo di garanzia a tutti i cittadini viene nutrita dal settore pubblico attraverso un sistema di tassazione e di contribuiti che portano ad un costo di lavoro che va a scapito del settore privato, spesso addirittura strangolandolo.  Da voi è il centrodestra che cerca di equilibrare una situazione estrema, che in fin dei conti è dannosa per tutti.  Negli Stati Uniti la rete di assistenza sociale esiste solo per i poverissimi.  I ricchissimi possono badare a sé da soli.  È la gente che lavora che si trova allo sbaraglio quando le cose non filano lisce, per esempio quando si ammalino.  In America, è il partito democratico che tenta di equilibrare una situazione estrema all'opposto di quell'italiana.

Paragonare la tassa di successione nei due paesi è come paragonare la mela con l'arancia.  Sono entrambi frutti, ma la somiglianza finisce lì.  Voi non potete permettervi una tassa sui morti.  Noi non possiamo permetterci di farne a meno.

L'autrice vive fra Torino e la Florida e commenta fatti italiani e americani nei giornali dei due paesi e nel sito www.giogia.com.

Marzo 2001

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