L’Opinione delle Libertà, Edizione 19 del 31-01-2006
Hamas e i punti deboli della democrazia
di Sandra Giovanna Giacomazzi
Quando gli exit poll davano per scontata la vittoria di al Fatah, Nassif Muallem, direttore del Centro èalestinese per la pace e la democrazia, ha proclamato: “Da queste elezioni traspirano due chiari messaggi: uno per Israele e l’altro per il mondo. Il primo è che i palestinesi non sono un popolo di terroristi, ma gente pacifica che ha votato per la democrazia. E il secondo è che vogliamo la pace”. Seguendo la sua logica dovremmo concludere, nostro malgrado, con altrettanta chiarezza, vista la schiacciante vittoria di Hamas e l’altissima partecipazione al voto, più del 70%, che i palestinesi sono un popolo di terroristi che non vogliono né la pace né la democrazia. Certo è che, i meriti della democrazia vengono meno quando ci si propone di usare la stessa democrazia per schiacciare le libertà e il diritto di esistere di un’altra nazione.
Eravamo già consapevoli della verità delle parole di Churchill che diceva che la democrazia è un pessimo sistema, ma è il migliore che c’è. Ai suoi tempi la democrazia aveva portato al potere Adolf Hitler. Ma dopo le elezioni vinte dal Fis (Front islamique du salut) in Algeria agli inizi degli anni Novanta con le sue promesse di applicare alla lettera la legge della Shariah e la vittoria di Hamas nelle elezioni palestinesi con la sua ambizione, pari a quella dei suoi sponsor in Iran, di eliminare lo stato di Israele, non solo dalle carte geografiche e i libri di testo, ma dalla faccia delle terra, ci chiediamo se “il migliore che c’è” sia buono abbastanza. Come diceva il poeta britannico, John Dryden: “Nor is the peoples judgment always true/ The most may err as grossly as the few”. “Nè il giudizio del popolo è sempre giusto/ I più possono errare grossolanamente quanto i meno”.
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