Italian
Perspectives
by Sandra Giovanna
Giacomazzi
L’Opinione delle Libertà, Edizione 171 del 20-08-2008
Ecco i discorsi - e le conclusioni
scontate - del raduno dei Liberal che inizierà lunedì
La finta Convention democratica
di Sandra Giovanna Giacomazzi
I Democratici dicono che quest’anno la loro non sarà solo la
solita Convention ma un raduno per cambiare la nazione. La settimana
scorsa avevano già cominciato ad annunciare speaker e temi: per
lunedì “Una nazione”, martedì “Rinovare la promessa
dell’America”, mercoledì “Assicurare il futuro dell’America” e
giovedì: “Il cambiamento nel quale si può credere”. Il
discorso della senatrice dello Stato di New York, Hillary Clinton, era
previsto per martedì sera, giorno dell’89esimo anniversario del
suffragio femminile negli Usa.
Ma i sostenitori della Clinton continuavano a non voler accettare la
nomination di Barack Obama a testa bassa. Così, dopo due
settimane di subbuglio all’interno del partito Democratico, finalmente
si è deciso: il nome di Hillary sarà sulla scheda
ufficiale e i delegati della senatrice di New York parteciperanno al
“role call”, all’appello. E questo con la benedizione del senatore
dell’Illinois Barack Obama, che ha deciso di fare buon viso a cattivo
gioco in una situazione che avrebbe potuto essere molto imbarazzante
visto che i sostenitori di Hillary minacciavano di scendere in piazza
per mettere il nome della Clinton sulla scheda per la nomina.
Secondo la senatrice di New York il suo elettorato stava cercando una
catarsi. “Non vogliamo che gli elettori democratici nell’aula della
Convention, allo stadio o a casa propria pensino: Non siamo
soddisfatti. Quindi il nome di Clinton sarà sulla scheda” hanno
dichiarato congiuntamente i due staff. Che sembra abbiano raggiunto un
accordo di pace. Se i delegati del Michigan e della Florida potranno
votare di nuovo, e pari che sia proprio Obama a spingere in questa
direzione per la prima volta, e se i superdelegati manterranno il loro
sostegno ad Obama, la Clinton dovrebbe ricevere il 37% del voto.
Ma in origine, prima che molti superdelegati passassero dalla Clinton
ad Obama per motivi di unità di partito, più di 1600
delegati, quasi la metà, erano sostenitori della senatrice di
New York. E anche per questo che lo staff di Obama ha deciso di tenere
il discorso di accettazione della nomina allo stadio anziché
nella hall della Convention: è più facile fare scomparire
i 1600 delegati della Clinton in un mare di 73,000 sostenitori di
Obama. I biglietti per l’evento sono già stati distribuiti e in
una sola giornata. Così Clinton avrà, sì,
l’occasione di stare sul podio e dire a tutti i suoi sostenitori:
“Grazie per avermi aiutato a fare tutte le fessure nel soffitto che
porterà un giorno una donna nella Casa Bianca. Ce l’abbiamo
quasi fatta”. Ma Barack Obama sarà il nominato. Quindi se si
tratta di uno “showdown”, di una resa dei conti, è una di cui il
copione è già scritto e il finale si conosce.
Il fatto di pronunciare un appello ufficiale, pur sapendo già
chi è il nominato, non è però una cosa inusuale. I
Democratici lo hanno fatto ad ogni Convention dal 1964 in poi, e solo
Bill Clinton e Al Gore sono stati nominati all’unanimità. Mentre
i Repubblicani hanno sempre rispettato la regola della “role call” ad
ogni Convention, sin dalla prima, nel 1856.
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