È festa? In piazza che si lavora! (L'Opinione, 1 maggio 2003)
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. Se non sapessi che si tratta del primo articolo della costituzione, penserei che fosse una battuta da barzelletta. Chiunque abbia fatto un corso di economia sa che il lavoro non può essere un concetto di diritto dovuto, ma risponde alle regole del mercato, alle necessità sociali ed economiche. Ma poi, nel Paese dove ogni scusa è buona per scendere in piazza, per fare sciopero, per non lavorare, dove c’è un mese di ferie estive scolpito nella pietra, dove le feste natalizie cominciano prima e finiscono dopo che in qualunque altro Paese “normale” al mondo, per non parlare di quelle di Pasqua, delle settimane bianche, e dei ponti vari, come quello attuale più lungo di quello di Brooklyn. In questo Paese la festa del lavoratore è il giorno più impegnativo dell’anno per coloro che devono salvaguardare il loro sacrosanto diritto non tanto a lavorare ma ad avere “un posto”.
In America, invece, dove abbiamo un’etica di lavoro talmente esagerata che ci definiamo workaholics, dove il concetto dei sette giorni su sette e le venti quattro ore su ventiquattro sono la regola e non l’eccezione, dove spesso le ferie non sappiamo neanche che cosa siano, durante il giorno della festa del lavoratore (Labor Day, il primo lunedì di settembre), se permettete, noi facciamo appunto festa: barbecue nei backyards, raduni famigliari, l’ultimo lungo weekend al mare.
Qui se mettessero nel lavoro quotidiano solo una frazione dell’impegno che mettono nella piazza, l’Italia sarebbe la prima economia mondiale. L’Italia è una Repubblica democratica che rischia di essere sfondata dal concetto del lavoro dovuto.
giogia@giogia.com Ritornare alla lista