Italian
Perspectives
by Sandra Giovanna
Giacomazzi
L’Opinione delle Libertà, Edizione 234 del 01-11-2008
I POTERI DELLA FED
Un ruolo d’emergenza temporaneamente
quasi permanente
di Sandra Giovanna Giacomazzi
Questa settimana il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, ha
abbassato il tasso d’interesse a 1%. Sono in molti a pensare che lo
abbia abbassato solo di un mezzo punto per tenersi di riserva la
possibilità di abbassarlo ulteriormente ancora due volte,
arrivando a tasso 0%. L’1%. E’ esattamente la percentuale alla quale
Alan Greenspan aveva abbassato il tasso nel 2003, mantenendolo
lì per più di un anno, fatto per il quale è stato
individuato come capro espiatorio onorario per aver scatenato la bolla
immobiliare, i mutui sub-prime, la finanza creativa nel
riconfezionamento di quei mutui, insomma dell’intero concatenarsi di
eventi che ha portato alla crisi economica globale attuale. Solo la
settimana scorsa l’ex presidente della Fed è andato a
pronunciare una specie di “mea culpa” davanti ad una commissione su
Capitol Hill. Quindi perché l’attuale presidente Bernanke sta
offrendo una cura che pare tale quale a ciò che ha causato la
malattia?
Alzare e abbassare i tassi d’interesse fa parte del curriculum della
politica monetaria di qualunque banca centrale. Si alzano quando
l’economia va troppo a galoppo e c’è pericolo d’inflazione. Si
abbassano quando c’è bisogno di dare uno stimolo all’economia.
Ma questa volta funzionerà? E, appunto, il problema
dell’inflazione che sembrava in ascesa libera solo fino ad un mese fa?
Per quanto riguarda l’inflazione, effettivamente il calo del prezzo del
petrolio e di quasi tutte le altre commodities, hanno dato lo spazio
alla Fed per ridurre i tassi a breve termine.
Lo scopo sarebbe di abbassare il costo del denaro e facilitare i
prestiti per le imprese e per i consumatori. Ma fino ad adesso, non ha
funzionato. Sembra incredibile ricordare che solo poco più di un
anno fa, e ben nove tagli dei tassi fa, il tasso della Fed era al
5,25%. Oggi, salvo abbassarlo sul serio a 0%, il costo del denaro non
potrebbe essere più basso. Eppure è tutto fermo. Anche
perché il problema attuale non è tanto il costo del
denaro, quanto la disponibilità di liquidità delle banche
e quindi della loro disponibilità di fare credito anche ai
clienti più solidi. Abbassare i tassi quando alle banche mancano
liquidità e fiducia è come dare più rubli ai russi
durante il periodo del comunismo per comprare il pane quandogli
scaffali erano tutti vuoti.
E’ questo il motivo per il tanto odiato quanto necessario “bailout”, il
salvataggio di 700 miliardi di dollari da parte dello Stato americano,
deciso con sangue, sudore e lacrime alcune settimane fa. Per motivi
tecnici quei liquidi cominceranno solo ora ad infiltrarsi nel sistema.
Ma se le banche non si sbrigano a mettere quel denaro a disposizione
dei loro clienti, lo Stato potrebbe sentirsi obbligato ad ordinare loro
di farlo. Che, in prima istanza, potrebbe persino essere utile e
necessario. Ma c’è chi comincia già a preoccuparsi che lo
Stato possa abituarsi troppo ai suoi nuovi poteri e al suo ruolo
d’emergenza nelle banche, nelle assicurazioni e forse anche nel settore
automobilistico e dei fondi di pensione. Misure prese per spegnere
l’incendio della crisi potrebbero creare istituzioni che nessuno
avrebbe voluto e che potrebbero durare molto più a lungo di
quanto si intenda. Si dice che non c’è niente di più
permanente di un programma temporaneo. Quando gli Stati Uniti entrarono
nella prima guerra mondiale nel 1917, il Congresso conferì al
presidente poteri sugli scambi internazionali. Quei poteri furono
revocati solo nel 1975.
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