L’Opinione delle
Libertà, Edizione 102 del 12-05-2006
I riflessi dei post
comunisti hanno strane analogie con quelli dei nazi islamici
Fassino
come Ahmadinejad invita alla pace. Prima,
però, ha preparato con cura la guerra.
di Sandra Giovanna Giacomazzi
In un commento su “La
Stampa”
l’italo-iraniana, Farian Sabahi, fa una lezione di cultura
antropologica
riguardo ad un’usanza persiana chiamata “tarof”, che attraversa ogni
ceto della
società iraniana. Pare che la buona educazione persiana richieda
che un ospite
rifiuti tre volte il cibo offertogli, come anche un tassista deve
rifiutare di
essere pagato da un cliente dopo un percorso in macchina. Solo dopo
l’insistenza ripetuta tre volte da parte di una padrona di casa, o
dalla
richiesta del cliente di sapere quanto deve, è possibile
accettare il cibo, o
sapere la tariffa che si deve. La Sabahi ci istruisce sui costumi
iraniani non
perché possiamo sapere come comportarci nel nostro prossimo
viaggio a Teheran,
ma per persuaderci che, tutto sommato, la lettera di Ahmadinejad
indirizzata a
Bush è un’opportunità unica, da cogliere al volo e a
tutto beneficio nostro.
Secondo lei tutto il tanto inveire precedente di Ahmadinejad era una
specie di
“tarof” che solo adesso rivela il suo vero significato, ossia il
desiderio di
un avvicinamento attraverso la famosa lettera a Bush.
La Sabahi si rende conto che un simile salamelecco è difficile
da capire per un
occidentale. Ma credo che almeno un occidentale se ne troverebbe a suo
agio. Mi
riferisco a Piero Fassino. Anche lui ha scritto una lettera in maniera
molto
pubblica pretendendo la pace e riconciliazione dopo non tre ma ben
cinque anni
di guerra aperta, dichiarata, combattuta giorno per giorno.
Altroché inveire. Anche
i termini della pace suggeriti da Sabahi e da Fassino sono simili. Per
Sabahi,
in Iraq gli iraniani potrebbero “aiutare gli sciiti al governo a
promuovere la
stabilità e combattere la guerriglia di Al Zarqawi”; in
Afghanistan,
“potrebbero collaborare con la coalizione internazionale”, e in Siria,
potrebbero fare pressione sul regime “affinché interrompa il
sostegno al
terrorismo”. In cambio Sabahi prevede un aiuto dell’Occidente
perché l’Iran
possa sviluppare le sue ambizioni nucleari a scopi civili alla luce del
sole.
Fassino offriva l’assicurazione che se il governo di Prodi dovesse
entrare in
crisi si tornerebbe alle urne, che il nuovo presidente avrebbe evitato
“ogni
cortocircuito tra giustizia e politica”, che avrebbe favorito la
massima intesa
possibile in materia di politica estera e che si sarebbe impegnato a
“portare a
conclusione una transizione istituzionale da troppi anni incompiuta”
dopo
l’auspicata bocciatura del prossimo referendum, quest’ultima un bastone
e una
carota nello stesso pacchetto! In cambio, lui pretendeva Massimo
D’Alema sul
Colle e la strada libera per le sue ambizioni. Non c’è niente da
fare, noi come
Bush, non siamo lungimiranti. Siamo persone miopi, faziose e rancorose
ed
ancorati nei nostri pregiudizi. Non abbiamo saputo cogliere l’attimo
fuggente
della mano tesa per la pace nel nostro Paese come Bush non la sa
cogliere per
la pace nel mondo. Non capiamo perché sia gli iraniani sia il
centrosinistra
italiana non possano compiere ugualmente i buoni propositi pronunciati
se è
vero che li hanno nel cuore.
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