Italian Perspectives                                                              
by Sandra Giovanna Giacomazzi 

L’Opinione delle Libertà, Edizione 179 del 24-08-2007

Negli Stati Uniti si registra un’esplosione di natalità nelle famiglie più ricche

Fare figli, nuovo status symbol

 Per la sociologa E. J. Graff non c’è conflitto fra essere donne di casa e donne in carriera

di Sandra Giovanna Giacomazzi

“Keeping up with the Jones” è un’espressione americana che una volta indicava un’ossessione provinciale di stare a passo con i vicini di casa acquistando oggetti considerati simboli di un certo status sociale. Allora poteva riguardare elettrodomestici d’avanguardia o automobili. Più recentemente poteva riferirsi ai vestiti firmati, oggetti d’alta tecnologia, la scelta dell’università per i figli o vacanze esotiche. Oggi pare che l’oggetto del desiderio più ambito per chi se lo può permettere, proprio per dimostrare che se lo può permettere, è una famiglia numerosa. Nonostante il fatto che l’indice delle nascite negli Stati Uniti sia in declino, nel mondo dei benestanti, quattro ha preso il posto dei proverbiali due. Di fatto i dati del Censo indicano che il numero di famiglie con redditi alti con tre o quattro figli è incrementato negli ultimi dieci anni. Secondo Peter Francese, un analista demografico per Ogilvy & Mathers, si tratta di un salto senza precedenti e controcorrente agli ultimi cento anni di storia. “Nel passato sono sempre state le famiglie povere senza istruzione ad avere tanti figli, non quelle che frequentano i country club. La possibilità di avere tanti figli sta diventando un simbolo di lusso nell’America di oggi”.

Secondo Jill Kargman, l’autrice di “Momzilla”, un romanzo che illustra in modo divertente le frustrazioni di una donna che si trova immersa in un mondo di mamme competitive impegnate a trasformare il loro ruolo di mamma in supermamma. “Quando vedi una donna strofinarsi la pancia col sorriso sulla bocca mentre dice ‘Sai, è il nostro quarto figlio’, sai che stanno guadagnando bene se possono permettersi degli status symbol così costosi. Ci vuole un certo tipo di donna, realizzata e di successo”. Trasportano il loro salire la scala della carriera a quello che lei chiama “concepimento competitivo”. “E’ la legge newtoniana dell’energia dove tutta quell’ambizione non cessa di esistere” ma viene canalizzata nei figli appena le mamme lasciano il lavoro. “Se sto a casa, sarò la migliore. Sarò una supermamma”. Liz Ryan, che scrive una rubrica sul mondo del lavoro per la rivista “Business Week”, non è affatto d’accordo sul fatto che le donne abbiano tutta questa voglia di sfornare figli e di starsene a casa a custodirli.

Secondo il Centro per la Politica nel Mondo del Lavoro (Center for Work Life Policy), quasi il 40% di tutte le donne professioniste che fanno figli lasciano il lavoro ad un certo punto, e ne pagano un prezzo per quella scelta che non è sempre la scelta che vorrebbero fare. Vedono, piuttosto, che dopo aver avuto un figlio qualcosa cambia nella loro sistemazione lavorativa. Non sono più viste come indispensabili, le promozioni rallentano e quindi diventa meno gratificante stare al lavoro e lottare contro le nuove condizioni. Quindi optano di stare a casa dove sanno di poter fare una differenza sostanziale. Pare che i mass media stiano facendo di tutto per dimostrare che c’è una guerra fra le donne che fanno la scelta di stare a casa per tirar su una famiglia e quelle che non vogliono sacrificare la carriera. Una guerra che non esiste secondo E.J. Graff, ricercatrice della Brandeis University, ma serve solo a creare molte chiacchiere intorno alle pubblicazioni che la diffondono.

Per esempio, “Time Magazine” è uscito con un pezzo di copertina intitolato “The Opt-Out Revolution” indicativo della rivoluzione delle donne che “optano” per la casa contro la carriera. L’autrice dell’articolo ha esaminato alcune laureate della prestigiosa Princeton University, che, a differenza della maggior parte delle loro coetanee, hanno abbandonato lavori impegnativi per stare a casa coi figli.
Graff ha anche citato il triumvirato dell’elite: “The New York Times”, e le reviste “The Atlantic Monthly” e “The New Yorker”.
Pare che ciascuna di queste campagne abbia provocato tonnellate di lettere, email e telefonate da donne che lodavano o che si sentivano oltraggiate. Il fatto è, sempre secondo Graff, che le donne che lavorano lo fanno perché è l’unico modo di provvedere per le loro famiglie in modo adeguato. Ciò nondimeno, gli Stati Uniti rimangano notoriamente indietro riguardo alla politica di permessi di maternità, permessi per malattie in famiglia e assicurazioni sanitarie che non siano collegate ad un lavoro usurante. 


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