L’Opinione delle Libertà, Edizione 9 del 19-01-2006
I diktat del futuro partito “democratico”
di Sandra Giovanna Giacomazzi
La settimana scorsa la sinistra “per bene” ha imposto l'astensione al voto per la legge sull'amnistia. Facendo ciò ha, di fatto, reso palese il voto segreto dei suoi membri. Sì, perché quando il voto è segreto, non si vede chi ha votato sì e chi ha votato no, ma si vede chi ha votato e chi non ha votato. Perché l’astensione fosse celata agli occhi spioni del “Big Brother” non ci dovrebbe essere indicazione di chi ha votato e chi si è astenuto.
Non sono un difensore del voto segreto. Anzi. Negli Stati Uniti nessun americano accetterebbe che i loro rappresentanti votassero in segreto. I cittadini hanno il sacrosanto diritto di sapere come votano i loro rappresentanti perché così sanno se rispettano o no le loro promesse elettorali. Ma se il voto segreto esiste in Italia è per una buona ragione. In Italia, purtroppo, i rappresentanti del popolo hanno legami più stretti con i loro partiti che con i loro elettori. Il voto segreto è, quindi, l'unico strumento che permette ai rappresentanti di liberarsi dai diktat dei partiti e di votare secondo la propria coscienza e, si spera, in sintonia con gli elettori.
Non sono neanche un difensore dell'amnistia. Preferisco che il problema dell'amnistia sia risolto, come ho già scritto su questo giornale, affrontando i problemi di base: la carenza e le condizioni delle carceri, l'immigrazione selvaggia, la lentezza dei processi.
Ma tornando alla questione del voto sull’amnistia, comportarsi come si sono comportati il partito dei “democratici” di sinistra e la Margherita è un colpo basso verso i carcerati vittime della mala giustizia e anche verso ciò che è buono nell'istituzione del voto segreto. Un diktat da soviet che ha proprio il sapore delle loro origini.
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