L’Opinione delle Libertà, Edizione 195 del 12-09-2007
Crowdsourcing: approvvigionamento
dalla folla
La
democratizzazione dell’innovazione
La parola
outsourcing, o approvvigionamento esterno, è oramai un termine
comune che significa
spostare il lavoro di un’azienda ad un’altra località di solito
dove il costo
del lavoro è minore come in Cina o in India. La parola
crowdsourcing o
approvvigionamento dalla folla è invece piuttosto nuovo, un
neologismo
inventato da Jeff Howe in un articolo di “Wired Magazine” di un anno
fa.
Signfica l’utilizzo di Internet per lanciare un appello di ricerca per
idee o
prodotti usando premi, spesso in denaro, come incentivo. Secondo Clay
Shirky,
professore del Programma di Telecomunicazione Interattivo della New
York
University, una volta le grandi aziende avevano bisogno di centinaia di
persone
per realizzare un progetto gigantesco. Oggi Internet ha abbassato il
costo di
acquisto d’informazione e quindi non è più necessario
ricorrere a così tante persone.
Gruppi di individui possono realizzare progetti “open source”, come,
per
esempio Wikipedia, senza la necessità di un’amministrazione
centrale.
Per capire la potenzialità che crowdsourcing può avere
per aprire le porte di
Ricerca e Sviluppo a tutti, prendiamo l’esempio di InnoCentive, un nome
creato
dalla sinergia delle due parole innovazione e incentivo, un forum
on-line che
permette alle principali aziende di premiare l’innovazione scientifica
attraverso incentivi finanziari aperto a chiunque. InnoCentive è
nato nel 2001
nel reparto R&S di Eli Lilly. Si è distaccato dalla casa
farmaceutica solo
un anno fa. Sul loro sito si può registrare come “Seeker”, o
azienda in cerca
di una soluzione ad un problema, o come “Solver”, ricercatore con
soluzioni da suggerire
alle aziende. Oggi ci sono più di 120,000 ricercatori registrati
sul loro sito,
che provengono da 175 Paesi diversi. InnoCentive aiuta le aziende a
formulare
le domande da far risolvere dai ricercatori. Chiunque sia registrato
come
“solver” può provarci. I premi possono variare da alcune
migliaia di dollari a
centinaia di migliaia o anche un milione. InnoCentive ha già
caricato 500 sfide
sul sito, un terzo delle quali sono stati risolte con successo. Spesso
i
solvers non sanno neanche per chi stanno lavorando poiché molte
aziende non
vogliono rivelare i loro progetti prima che arrivino sul mercato.
Ma i “seekers” sono anche anonimi, cosa che piace molto a Maria Blair
della
Rockefeller Foundation, perché vuol dire che non si favorisce
l’expertise e che
l’innovazione è aperta a tutti. L’azienda che richiede una
soluzione non riceve
il curriculum di tutti coloro che hanno risposto, né i loro
nomi, né la loro
ubicazione. Riceve le risposte e basta. In questo modo i seekers
ricevono
risposte da fonti che non avrebbero mai considerato prima. L’idea piace
molto a
Blair, il cui lavoro si concentra sulla creazione di opportunità
per i poveri.
Secondo Blair, crowdsourcing potrebbe imbrigliare la
potenzialità di persone
che non hanno mai partecipato alla ricerca, democratizzando
l’innovazione.
Secondo Professor Shirky, aprire l’innovazione alla folla è una
cosa molto
nuova e non si conoscono ancora tutti i suoi aspetti positivi e
negativi. Crea
una quantità di capacità produttiva che non è mai
esistita prima, ma potrebbe
anche mettere in pericolo molti lavori esistenti Per dire il vero,
anche se il
termine è nuovo, il concetto di crowdsourcing non è
affatto nuovo. Ce ne sono
tanti casi nella storia. Per esempio, già nel 1714 il governo
britannico,
attraverso un atto di Parlamento, offrì un premio per risolvere
il problema
della longitudine per trovare un metodo semplice e pratico per
determinare con
precisione la longitudine di una nave. La chiamata aperta a tutti
portò
all’invenzione del cronometro marino di John Harrison ancora presente
sulle
nave odierne come back up ai più moderni sistemi radar e GPS.
giogia@giogia.com Ritornare alla lista