D’Elia e Farina in parlamento un vero
delirio
diseducativo
Poltrone
di prestigio per la lobby degli
estremisti
di Sandra Giovanna Giacomazzi
Sarà
anche vero ciò che ha scritto Emilia Rossi su
queste stesse pagine. E cioè che in uno stato di diritto non
è ammessa
un’espiazione dei crimini che vada oltre la pena inflitta secondo i
princìpi e
le regole di legge. Però a non pochi italiani sembra che per
coloro che hanno
commesso atti di sangue l’obbiettivo, per precetto costituzionale, di
realizzare la “riabilitazione sociale” e il ricupero della piena
“titolarità
dei diritti di cittadino” dovrebbe fermarsi un passo prima del
riacquisto del
diritto di voto passivo, ossia il diritto di essere eletto membro di
un’istituzione che rappresenta l’insieme della collettività. Se
non lo prevede
la legge, dovrebbe prevederlo il senso del pudore e della discrezione
delle
persone stesse che si sono macchiate di tali crimini.
Non tener
conto della necessità di un tale pudore
e discrezione dimostra una scarsa sensibilità verso le vittime
che hanno pagato
e che continuano a pagare con la loro sofferenza gli errori di
gioventù di
coloro che pretenderebbero una “tabula rasa” anche morale. Le vittime
pagano
per sempre, chi con la vita persa, chi con un affetto mancato
incolmabile
strappato loro anzitempo. Per non parlare di tutte le vittime
dimenticate
perché scampate al pericolo per fortuna o per miracolo: tutti
coloro che erano
presi di mira durante gli anni di piombo. Che si recavano
coraggiosamente ma
tremanti al lavoro ogni mattina perché consapevoli di essere
sulle liste di
persone da eliminare. E le loro famiglie che aspettavano ansiosamente
il loro
rientro a casa ogni sera. Anche quelle sono sofferenze che segnano
indelebilmente
una vita. Non si può pretendere che queste persone accettino che
all’espiazione
della pena delle persone che hanno causato la loro sofferenza segua poi
un
risarcimento sotto forma di poltrona di potere.
Il fatto
che un tale pudore e discrezione manchino
è indizio di un tratto caratteristico del loro passato che
permane nel
presente, vale a dire, l’arroganza e l’indifferenza verso la
sensibilità
comune. E manca evidentemente anche ai partiti che hanno deciso di
proporli
come candidati nelle loro liste. Come ci ricorda Davide Giacalone,
sempre su
queste pagine: “quelle persone sono state elette perché
eleggibili e poi le
liste in cui si trovavano sono state effettivamente votate”.
Questo
è vero, ancora una volta dispiace doverlo
dire, grazie alla pessima idea di cambiare la legge elettorale. Il
fatto che
abbiano potuto essere eletti un D’Elia o un Farina al parlamento senza
che se
ne accorgesse nessuno finché non sono diventati rispettivamente
segretario del
parlamento e vicepresidente della commissione giustizia è un
argomento a favore
del fatto che bisognerebbe prendere in considerazione il ripristino del
sistema
elettorale maggioritario secco. Questa volta per la totalità dei
seggi delle
due camere e non solo per i trequarti.
Col
sistema maggioritario un D’Elia o un Farina
qualsiasi non potrebbero imboscarsi in una lista. Col sistema
maggioritario
ogni seggio viene conteso da due candidati con nome e cognome, e se uno
di loro
ha qualche scheletro nell’armadio o una fedina penale poco appropriata
per il
parlamento salta fuori subito in campagna elettorale.
Salta
invece subito all’occhio che tutte le
proposte di candidature e grazie varie provengono sempre dalla stessa
parte e
dalle lobby dei loro stessi sodali di un tempo, come ha fatto notare
Piero
Ostellino sul “Corriere”. Alla gioventù bruciata dell’altro
campo, invece, si
infligge un abbonamento a pene per atti non commessi, tanto uno in
più, uno in
meno. Ostellino chiedeva anche se tutti quei poveri sconosciuti che
erano pure
loro altre persone quando commisero i loro reati non avessero diritto a
qualche
santo in qualche paradiso. Piero Magnaschi su “Zapping” di Radio Rai 1
era
ancora più provocatorio quando chiedeva se un Provenzano
seriamente e
profondamente pentito poteva anche lui sognare una poltrona in
parlamento fra
20 anni.
Si
potrebbe pensare che gli italiani sono
diventati compiacenti, abituati come sono ad avere personaggi
discutibili ad
occupare le loro istituzioni. Avendo avuto in passato un parlamentare
partigiano rosso pluriomicida di partigiani bianchi fatto fuggire e
fatto
rientrare da Togliatti (Moranino), un Presidente della Repubblica che
fu a suo
tempo considerato quel che oggi si chiamerebbe terrorista (Pertini) e
avendo
oggi un altro Presidente che aveva applaudito l’arrivo dei carri armati
sovietici in Ungheria (Napolitano), un parlamentare che portava
personalmente
da Mosca le valigie stracolme di soldi del nemico dell’Italia che
finanziava il
suo partito (Cossutta), un ministro degli esteri che tirava Molotov
contro i
palazzi delle istituzioni dove adesso posa le chiappe (D’Alema) e un
primo
ministro accusato di aver giocato col piattino e di aver avvertito i
sequestratori di Moro anziché le autorità che avrebbero
potuto salvarlo
(Prodi). Ma almeno metà del Paese si indigna per tutto
ciò come si indigna per
i new entry che sono passati per i cancelli delle istituzioni e ai
quali non è
bastato l’assalto al palazzo, ma pretendono anche loro non solo
poltrone ma
poltrone di prestigio.
Come
insegnante è difficile impartire sani valori
e rispetto per le istituzioni ai ragazzi quando sono circondati da
simili
cattivi esempi. Bisogna riconoscere che Bertinotti ci ha proprio
azzeccato
quando ha preteso che i deputati si chiamassero deputati e non
più onorevoli.
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