Italian Perspectives                                                              
by Sandra Giovanna Giacomazzi 

L’Opinione delle Libertà, Edizione 92 del 12-05-2008

Convention: il “giudizio divino” dei Democratici

Hillary Clinton è un candidato tenace e ha i numeri per resistere fino ad agosto

di Sandra Giovanna Giacomazzi

E’ vero che il pareggio che è venuto fuori dalle primarie di martedì scorso nella Carolina del Nord e nell’Indiana hanno messo più delegati dalla parte della bilancia di Barack Obama e che la matematica dei delegati, degli stati e del voto popolare sembra sempre più a favore del senatore dell’Illinois. Ma chi dà per scontato un imminente ritiro da parte della senatrice del New York, Hillary Clinton, non tiene conto del personaggio in questione e delle carte che le restano da giocare.

Le sei primarie che rimangono con i loro 217 delegati non potranno dare a nessuno dei due il numero di delegati necessari per la nomination: 2.025. Ma se per caso Obama dovesse nel frattempo acquisire più super delegati e raggiungere quel numero magico, è molto probabile che Clinton lo sfidi lo stesso alla Convention. E lo scenario sarebbe molto interessante dal punto di vista mediatico, ma il bagno di sangue sarebbe da infarto per il presidente del partito, Howard Dean, che dovrebbe gestire il ring. Ne abbiamo già avuto un esempio nella storia recente quando nel 1980 un giovane Ted Kennedy ha sfidato il Presidente Jimmy Carter.

Secondo Tad Devine, che era il coordinatore della campagna di Carter nel 1980, “la più alta autorità del partito Democratico” è la Convention nazionale. Quando quella Convention si riunisce, può fare tutto quello che vuole. Il primo giorno potrebbe essere obbligata a decidere se accettare o rigettare la presenza dei delegati della Florida e del Michigan che hanno intenzione di presentarsi in ogni caso, nonostante il fatto che siano stati esclusi perché i due stati hanno disobbedito al partito anticipando la data delle loro primarie. Contarli o non contarli potrebbe fare la differenza.

 Ma anche se non dovessero accettarli, la Clinton e suoi tirerebbero fuori tutte le loro armi e gli argomenti per convincere i delegati super e non super che solo lei potrà vincere contro McCain: perché pur avendo vinto in meno stati, ha conquistato quelli grandi, perché ha vinto in quelli che sono “swing states” che non votano tradizionalmente per nessuno dei due partiti, e perché se lei non prende la nomination la maggior parte dei suoi sostenitori voterebbero per McCain e non per Obama.

Né i delegati eletti né i superdelegati che hanno già dato un endorsement sono obbligati a mantenere il loro impegno. Devono rispondere solo alle loro coscienze e non all’elettorato. Lo scopo della Convention è di produrre un candidato capace di conquistare la Casa Bianca. Hillary Clinton è passata da inevitabile candidata vincitrice a combattente underdog, ma le sue convinzioni non sono mai cambiate: di essere lei la persona migliore per occupare l’Ufficio Ovale. Dovrà solo convincere l’intera Convention della stessa cosa.


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