L’Opinione delle Libertà, Edizione 58 del 10-03-2007
Un convegno per
combattere l’informazione scorretta
di Sandra Giovanna Giacomazzi
“Non esiste un
Paese più sconosciuto di Israele.” E così che ha esordito
Fiamma Nirenstein,
corrispondente de “Il Giornale” a Gerusalemme ad un convegno di tre
giorni
tenutosi a Roma e intitolato “Due pesi, due misure. L’informazione su
Israele
in Italia”. Ma prima ha fatto i complimenti ad Angelo Pezzana,
fondatore dell’Associazione
Italia Israele, per la modernità della sua idea di organizzare
un convegno
aperto esclusivamente ad amici. Lamentandosi dell’abitudine
squisitamente
italiana di voler mantenere certi “indispensabili” equilibri di
correttezza
politica particolarmente durante gli incontri che riguardano Israele e
il medio
oriente, invitando religiosamente e rigorosamente uno di destra uno di
sinistra
e uno di mezzo che “porta solo ad uno stallo delle considerazioni e
delle
idee”, ha citato ciò che Norman Podhoretz aveva detto a questo
proposito:
“Never preach to the infidels, always preach to the converted. Non
predicare
mai agli infedeli, predicare sempre ai convertiti.”
E così mentre molti altri interventi riguardavano lo
storpiamento delle
notizie, l’intervento della Nirenstein trattava l’omissione delle
notizie
riguardante Israele proprio da parte di chi dovrebbe, per mestiere,
essere a
caccia di notizie. Quindi ha dichiarato: “Israele è un Paese di
cui non si sa
niente. E’ un Paese in cui ci sono una quantità di eventi
mediatici
straordinari di ogni tipo e che invece è ignorato nella sua
autentica essenza,
per quello che è. Israele viene fantasticato ed immaginato
esclusivamente per
quello che riguarda il conflitto arabo- israeliano e sempre secondo dei
parametri
ideologici, forzati, basilarmente non corrispondenti alla
realtà”.
Ha denunciato come episodi che in un altro Paese farebbero notizia, in
Israele
non lo facciano e ha portato come primo esempio la visita recente in
Israele
del maestro Riccardo Muti, che ha fatto un concerto molto importante in
memoria
di Arturo Toscanini. Cercava un ospedale al quale poter donare gli
introiti del
suo concerto e voleva che ci fosse una componente binazionale. Gli
erano stati
offerti diverse proposte, ma tutte con un sottofondo politico.
Finalmente, la
Nirenstein gli aveva detto “Guarda basta che metti il naso in qualunque
ospedale israeliano e vedrai che la metà delle persone di cui vi
si prende cura
sono arabi”. Poi alla fine ha optato per l’ospedale Schneider in cui il
30% dei
bambini sono non solo palestinesi, ma anche iracheni, giordani, e
libanesi. Ha
riferito quanto il maestro fosse stupefatto, non avendo mai sentito di
cose del
genere non poteva immaginare che situazioni di totale aparteid come
quelle che
vengono trasmesse tutti i giorni dai media non potessero essere
più ridicole o
più lontane dalla verità. Basterebbe non solo mettere il
naso in un ospedale o
in una biblioteca, ma ricordarsi che ci sono membri del Kessnet e anche
un
ministro del governo israeliano che sono arabi.
L’immagine di un Paese che ha creato istituzioni democratiche e che
applica
quotidianamente le regole della libertà e della democrazia pur
vivendo
perennemente in uno stato di guerra, una situazione miracolosa ed
unica, ma che
non viene raccontata. Lungi dal domandarsi: come si fa a colpire un
nido di
lanciamissili situato in una casa dove vivono dei bambini o in una
scuola o in
un ospedale cercando di evitare il più possibile dei morti
civili, quello di cui
i giornalisti vanno a caccia sono gli episodi che possono testimoniare
che
Israele è un paese di aparteid, un Paese pieno di criminali di
guerra.
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